martedì 15 novembre 2016
La Conferenza episcopale americana ottimista sul fronte prolife ma chiede però anche politiche «umane» nei confronti degli immigrati
L'arcivescovo Kurtz: per i migranti «politiche umane»
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Politiche «umane» nei confronti di immigrati e profughi, servire i quali fa «parte dell’identità della Chiesa». La chiedono al neoeletto Donald Trump i vescovi americani da Baltimora (alle porte della capitale Washington) dove sono riuniti per la loro Assemblea plenaria. Ma, per bocca del presidente della Conferenza episcopale, arcivescovo Joseph Kurtz, si dicono anche cautamente ottimisti sulle opportunità che l’elezione del candidato repubblicano offre alla Chiesa cattolica.

Arcivescovo Kurtz, Trump sembra aver ammorbidito la sua posizione sul numero di immigrati da deportare, ma ha pur sempre parlato volerne espellere tre milioni. Un numero preoccupante?
Per il momento mi sembra che il presidente eletto abbia espresso l’intenzione di continuare a grandi linee le politiche dell’Amministrazione Obama, vale a dire espellere coloro che hanno ricevuto una condanna penale. Non dimentichiamo che Barack Obama ha fatto deportare due milioni e mezzo di immigrati. Noi vescovi continueremo la nostra attività di protezione dei migranti, dando voce alle loro istanze e aiutandoli direttamente tramite le diocesi e la Caritas.

Alcuni vescovi hanno fatto sapere ai confratelli che in molte comunità di origine ispanica o musulmana in queste ore regna la paura.
Sì, sicuramente c’è la paura della polizia che si presenta alla porta di casa o della retata sul posto di lavoro. Ma bisogna stare a vedere. C’era una simile paura quando Ronald Reagan fu eletto. Poi fu lui a firmare l’ultima sanatoria per i migranti che abbiamo avuto in America, nel 1986. Rimarremo vigili.

Sul fronte della protezione della vita, durante la sua prima intervista dopo l’elezione,Trump ha ribadito che nominerà un giudice della Corte suprema prolife, che spera porti a un capovolgimento della sentenza della Corte Suprema che legalizza l’aborto negli Stati Uniti. Pensa che alla Casa Bianca e in Congresso si siano create le condizioni per il passaggio di leggi che limitino l’accesso all’aborto?
Siamo abbastanza ottimisti di poter fare progressi nella legislazione di salvaguardia del nascituro e delle madri. Ma i nostri sforzi sul fronte della vita sono coerenti. Lavoriamo per andare a toccare le famiglie che hanno un immigrato o un profugo al loro interno e aiutarle a trovare soluzioni.

In una lettera al mondo cattolico, in ottobre, Donald Trump ha promesso che difenderà l’obiezione di coscienza. Prevede che abolirà il mandato contraccettivo imposto ai datori di lavoro dall’Amministrazione Obama?
Dobbiamo dare tempo all’Amministrazione Trump di familiarizzarsi con i casi legali in corso. Faremo naturalmente pressione affinché sia chiaro che il percorso più ragionevole è quello che capisce che libertà di religione è libertà di servire gli altri nel rispetto della propria integrità di fede.

Gli Stati Uniti emergono da questa elezione lacerati. Come favorire la riconciliazione?
La riconciliazione parte dall’ascolto. Come vescovi, ma anche come sacerdoti, ci dobbiamo mettere all’ascolto delle nostre comunità e invitarle all’ascolto dell’altro. La Chiesa è da sempre una luogo di speranza e ora più che mai deve fornire speranza nel futuro, con le parole e con le azioni.

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