venerdì 20 maggio 2016
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Un’altra staffilata al cuore ha colpito l’economia dell’Egitto, già provata duramente da un quinquennio di instabilità. E ha inferto un ulteriore grave danno all’immagine del Paese nordafricano, pivot – ma per quanto ancora? – del quadrante geopolitico nordafricano. Il contesto egiziano era assai precario anche prima di ieri. All’inizio del mese di aprile, l’Agenzia centrale egiziana per la mobilitazione (Capmas) rendeva conto di un crollo dei visitatori di circa il 50%, anno su anno, nel mese di febbraio: una flessione brutale, da 640.200 ad appena 346.500 presenze in un Paese che, poco prima della rivolta del 2011, era solito accogliere 15 milioni di persone e, grazie ad esse, dava lavoro al 12% della popolazione. L’obiettivo formulato dal ministero del Turismo un anno fa era di 20 milioni di turisti nel 2020, visti i 9 del 2015. All’origine del marcato calo di interesse negli ultimi mesi, con spiagge, navi da crociera e siti archeologici deserti, è stato l’elemento sicurezza, peggiorato via via dall’autunno 2015 in poi. Andando a ritroso nel tempo, l’ultimo tragico fatto di cronaca, l’assassinio del ricercatore friulano Giulio Regeni tra il 25 gennaio e il 3 febbraio, ha oscurato la percezione che gli italiani, in primis, e gli europei in seconda battuta avevano del Paese. Questo sentimento di diffidenza è evidenziato da tutti gli ultimi sondaggi condotti nei principali Paesi Ue. Le considerazioni più diffuse sono le seguenti: quello che è accaduto a un accademico italiano, al Cairo per conto di Cambridge, sarebbe potuto succedere a qualsiasi altro cittadino europeo; le indagini non stanno conducendo da nessuna parte; l’Egitto è un posto in cui anche chi conosce lingua e cultura locali non può andare in giro liberamente. Poi, c’è la questione terrorismo islamista, tornata in primissimo piano nell’autunno 2015. L’esplosione in volo, lo scorso 31 ottobre, di un jet russo appena partito da Sharm el-Sheikh, sul Mar Rosso, per San Pietroburgo ha congelato l’entusiasmo dei russi per le destinazioni egiziane; e questo colpo alla fiducia nelle capacità preventive e investigative dei servizi segreti egiziani non è stato più superato. Così il ministero degli Esteri britannico – non è il solo, ma è fra i più significativi per impatto finanziario insieme a quelli italiano, russo e tedesco – continua a sconsigliare vivamente il Paese ai connazionali, rinnovando di quando in quando l’allerta. Da ieri, Euromonitor international prevede l’ennesima drammatica flessione turistica: e pensare che ora a Sharm, le presenze sono già al -80% anno su anno. Il risultato della micidiale combinazione di terrorismo e brutalità incontrollata dei servizi – appunto per sconfiggere il terrorismo, è la vulgata ufficiosa – mette il presidente al-Sisi nell’angolo a soli due anni dalla sua elezione. Finora, l’ex generale ha lasciato i dossier bollenti aperti, senza fornire risposte ufficiali né sul volo russo Metrojet né sul decesso di Regeni. Ma il momento della verità potrebbe arrivare prima del previsto per lui e per la dirigenza, frutto del restyling di fantasmi del passato, che stanno conducendo l’Egitto lontano, in alto mare, senza una rotta precisa. Il migliore alleato egiziano in Europa è stata fino a questo momento Parigi, partner politico ed economico dal comune approccio alle cose libiche. Chissà se anche ai francesi Il Cairo potrà rifilare un dossier aperto e cento, mille versioni diverse. © RIPRODUZIONE RISERVATA Un Airbus A320 della EgyptAir (Ansa/Ap)
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