giovedì 5 novembre 2015
L’Is rivendica ancora, Londra blocca i voli. Antonov cade in Sud Sudan: 41 morti.
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Lo Stato Islamico insiste, con un nuovo messaggio audio sul Web, nell’attribuirsi la responsabilità dell’abbattimento dell’aereo russo nella penisola del Sinai, ma continua a non offrire alcun dettaglio su come avrebbe realizzato l’operazione. A gettare nuova luce sulla vicenda – confermando implicitamente le dichiarazioni dell’Is – è l’intelligence Usa. Secondo fonti anonime di quest’ultima, citate dalla Cnn, l’ipotesi di una bomba – nascosta presumibilmente nella stiva dentro una valigia – è «molto probabile». Intanto lo stesso ramo egiziano del gruppo jihadista ha rivendicato un nuovo attentato kamikaze ad al Arish, sempre nel Sinai, in cui sono morti almeno sei poliziotti. Un altro aereo cargo russo è inoltre caduto ieri, durante la fase del decollo, nel Sud Sudan: una quarantina le vittime e un solo sopravvissuto alla tragedia. Il ramo egiziano dell’Is, Wilayat Sina, ha detto di nuovo di essere responsabile della morte dei 224 passeggeri dell’aereo russo schiantatosi sabato. Il gruppo terroristico aveva già avanzato un’analoga rivendicazione, spiegando che l’attentato era una vendetta per i bombardamenti russi in Siria. A quattro giorni di distanza, con un messaggio la cui attendibilità non è verificabile, l’Is ha affermato che renderà noti i particolari in seguito, decidendo a proprio arbitrio quando, e sfida gli scettici a dimostrare la sua estraneità alla carneficina. «Non abbiamo alcun obbligo di spiegare come l’aereo sia caduto », taglia corto una voce registrata. Affermazioni confermate, sempre nella giornata di ieri, dagli 007 statunitensi. Avvenuto nel diciassettesimo giorno di Muharram, il primo mese del calendario lunare islamico, l’attacco terroristico sarebbe stato fatto coincidere con il primo anniversario del giuramento di fedeltà al Califfato da parte della sedicente Provincia del Sinai, già Ansar Bayt al-Maqdis, formazione salafita egiziana. L’aereo si è probabilmente spezzato in aria appena 23 minuti dopo il decollo. A confermare la pista di una valigia bomba, il fatto che il velivolo si trovasse a 31mila piedi d’altezza ed è improbabile che i gruppo terrorista disponga di armi così sofisticate da essere in grado di abbatterlo da terra. Già in giornata era emersa la possibilità di un ordigno a bordo. Una fonte investigativa aveva parlato dell’esplosione di un motore dovuta probabilmente a una bomba. Cruciale sarà, oltre all’analisi delle scatole nere, anche quella dei frammenti sui corpi delle vittime e sui resti dell’aereo. Da parte sua la Gran Bretagna ha deciso di sospendere tutti i suoi voli sul Sinai. Ad annunciarlo in una nota ufficiale è stata Downing Street, sulla base del timore che sia stato «un ordigno esplosivo» a provocare il disastro. Londra, insomma, avalla l’ipotesi della bomba e non intende rischiare. Sono intanto 41 (tutti di nazionalità armena) i morti di una nuova tragedia aerea a Juba, in Sud Sudan. A precipitare è stato un Antonov An-12 di fabbricazione russa, finito contro un’azienda agricola poco dopo il decollo. Due persone sono state estratte vive ma una è morta poco dopo: l’unico sopravvissuto è un giovane. Le autorità aeroportuali di Juba hanno escluso l’ipotesi dell’attentato terrorista: all’origine della sciagura potrebbe essersi un «errore tecnico».
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