lunedì 10 dicembre 2012
Con l'analisi su libertà religiosa e sfera pubblica il cardinale Scola ha aperto l'anno che ricorda l'Editto di Costantino. Una riflessione che rilancia il tema cruciale di un diritto riconosciuto o negato ai credenti: proporre a tutti la propria visione dell'uomo.
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​Quando lo Stato detta norme che, nel nome della laicità, escludono del tutto opzioni di valore, identità culturali, riferimenti etici e religiosi ancorati a una visione dell’uomo non asettica, rischia di trasformarsi nel suo opposto, acquisendo le caratteristiche di un’entità culturalmente intollerante, paradossalmente nel nome della tolleranza. Esclude anziché integrare. Emargina invece di accogliere. Dimentica piuttosto che imparare. Un’ossessione per l’asetticità etica che nell’attuale, critica fase delle democrazie evolute finisce per tagliar fuori programmaticamente le risorse dalle quali società e Paesi potrebbero trarre ossigeno, idee, speranze. Religione in testa. È il senso della riflessione che il cardinale Angelo Scola ha proposto giovedì sera nella basilica milanese di Sant’Ambrogio, aprendo l’Anno Costantiniano che la diocesi dedica in chiave non solo storica all’Editto di Milano del 313, dal quale data la libertà religiosa di tutto l’Occidente. Alcuni esiti pratici dello Stato laico divenuto di fatto "laicista" trovano, nell’analisi di Scola, il loro «presupposto teorico» nel «modello francese di laicité» che «si basa sull’idea dell’in-differenza definita come "neutralità", delle istituzioni statuali rispetto al fenomeno religioso». Ma questa idea di «giusta e necessaria aconfessionalità dello Stato ha finito per dissimulare, sotto l’idea di "neutralità", il sostegno dello Stato a una visione del mondo che poggia sull’idea secolare e senza Dio». Così facendo «lo Stato cosiddetto "neutrale" lungi dall’essere tale fa propria una specifica cultura, quella secolarista, che attraverso la legislazione diviene cultura dominante e finisce per esercitare un potere negativo nei confronti delle altre identità, soprattutto quelle religiose, presenti nelle società civili tendendo a emarginarle, se non espellendole dall’ambito pubblico. Lo Stato, sostituendosi alla società civile, scivola, anche se in maniera preterintenzionale, verso quella posizione fondativa che la laicité intendeva rigettare, un tempo occupata dal "religioso". Sotto una parvenza di neutralità e oggettività delle leggi, si cela e si diffonde – almeno nei fatti – una cultura fortemente connotata da una visione secolarizzata dell’uomo e del mondo, priva di apertura al trascendente» (potete leggere il testo integrale del discorso cliccando qui). Un’analisi che trova eco nelle parole pronunciate quasi contemporaneamente dal segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, monsignor Dominique Mamberti, al Consiglio dei ministri dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa: «La piena garanzia della libertà di religione non può essere limitata al mero esercizio del culto, ma occorre dare la giusta considerazione alla sua dimensione pubblica. È inconcepibile che i credenti debbano sopprimere una parte di sé, vale a dire la loro fede, per poter essere cittadini attivi». A questo snodo cruciale dedichiamo un approfondimento, con alcuni casi-limite e un parziale "ravvedimento".

Francesco Ognibene

USA. La riforma sanitaria Obama «impone» a tutti l'abortoNegli Stati Uniti, in particolar modo con l’era Obama, si sta facendo più marcata un’idea di laicità che finisce con l’essere in contrasto con la libertà religiosa. Non è un caso che l’arcivescovo di Milano Scola abbia citato proprio l’approvazione della riforma sanitaria voluta dal rieletto presidente Usa quale esempio emblematico di ferita a quel principio che i vescovi americani hanno definito come tra i più preziosi. La riforma, infatti, prevede l’obbligo per ogni istituzione – anche quelle di ispirazione religiosa – di proporre polizze assicurative sanitarie che contemplino nell’offerta contraccezione, sterilizzazione ed aborto. Un obbligo che cozza – come ampiamente denunciato – contro il principio della libertà di coscienza e di religione.
Da mesi la Conferenza episcopale è impegnata nel contrastare questo tipo di misure. La sezione del sito Internet è densa degli interventi susseguitisi dall’approvazione della riforma sanitaria fino ad oggi. L’arcivescovo di Baltimora, William Lori, in un’omelia ha parlato di «secolarismo senza Dio che prende d’assalto vita e libertà». A confermare la direzione verso la quale la società americana pare avviata, ci sono gli esiti dei referendum che in molti Stati hanno mostrato il favore dei cittadini per matrimoni omosessuali e finanziamento pubblico dell’aborto.
Lorenzo Schoepflin

 

REGNO UNITO. Il politicamente corretto: via croci e auguri natalizi
Che la Gran Bretagna sia sotto l’effetto di una secolarizzazione crescente non lo sostiene solo la Chiesa cattolica, ma ormai anche molti intellettuali e politici. Un anno fa all’Università di Oxford il premier Cameron– lo stesso che oggi appoggia le nozze gay – disse che il «Regno Unito è un Paese cristiano, non dovremmo aver paura a dirlo». L’ossessione del "politicamente corretto" ha toccato estremi così assurdi, nota l’associazione Christian Concern, «che ormai i cristiani esitano a dichiararsi per paura non solo di offendere i rappresentanti di altre fedi, ma di subire gravi conseguenze come il licenziamento. Siamo arrivati al punto che serve un atto di coraggio per indossare una croce».

 

Ogni anno numerosi lavoratori sono fatti oggetto di azioni disciplinari perché osano chiedere a un malato se possono pregare per lui. Le discriminazioni vanno a colpire i cristiani ovunque. A scuola è sempre più raro assistere a recite di Natale perché potrebbero offendere persone di altre fedi, sono quasi sparite le cartoline natalizie che mostrano immagini religiose, lo stesso semplice augurio – "buon Natale" – è considerato sconveniente.
Nel nome dell’uguaglianza, viene imposto alle istituzioni cattoliche di accettare l’equiparazione della famiglia alle coppie gay, costringendole ad abbandonare terreni – come le adozioni – nei quali avevano un ruolo consolidato. Anni fa, quando Alastair Campbell, portavoce di Blair, dichiarò che a Downing Street «we don’t do God» «non c’è spazio per Dio», i segnali del relativismo erano evidenti. Ora se ne sperimentano i frutti.

 

Elisabetta Del Soldato
 
FRANCIA. Matrimoni e adozioni gay. Espropri e corsi di «etica»La Francia è il Paese simbolo della laicità. Con l’elezione di Hollande, alcune istanze del mondo progressista si sono fatte sempre più pressanti. Tra esse, quella dei matrimoni omosessuali e della conseguente possibilità di adottare figli ha costituito il classico caso in cui un ben preciso concetto di laicità rischia di minare le fondamenta del bene comune e di creare attrito con le diverse sensibilità religiose. La Conferenza episcopale si è schierata in modo deciso contro tale eventualità, con comunicati e una preghiera da recitare nelle parrocchie, che chiedeva che i bambini potessero godere dell’amore di «un padre e una madre». Recenti polemiche che hanno riguardato il rapporto tra Chiesa cattolica e istituzioni pubbliche sono state innescate dalle dichiarazioni del ministro della Casa Cecile Duflot, che ha ipotizzato una sorta di esproprio delle proprietà ecclesiali a favore di opere di carità per i senzatetto. Un coro di indignazione, oltre alla sobria reazione dell’arcidiocesi di Parigi, hanno consigliato al ministro di correggere il tiro, ma resta la sensazione dell’ennesimo tentativo di bandire la laicità contro la Chiesa, ignorando quanto grande già sia il bene che le istituzioni religiose fanno nell’ambito della carità. A settembre, inoltre, il ministro dell’Istruzione Vincent Peillon dichiarò di voler introdurre nelle scuole, dove proprio in nome della laicità non si insegna alcuna religione e non si possono portare simboli religiosi, l’ora di "etica laica", per insegnare cosa sono il bene e il male. Un modo, certamente "laico" di espungere il discorso religioso dalla scena pubblica. (L.S.)ARGENTINA. Famiglia messa sotto tiro. Un disagio continentaleDa Madrid a Buenos Aires e poi dall’Argentina al resto dell’America Latina. L’esempio delle radicali riforme messe in atto in Spagna durante i due mandati di Zapatero (2004-2012) continua a diffondersi oltreoceano nella regione da sempre molto attenta alle novità legislative introdotte nella penisola iberica. Sembra quasi che l’Argentina –guidata dalla "presidenta" Cristina Kirchner – voglia raccogliere l’eredità di Zapatero, soprattutto nello spinoso terreno dei temi dell’etica e della famiglia. Gli "strappi" vengono condotti in nome di una visione parziale di "progressismo" e diritti. L’Argentina è stato il primo Paese in tutta l’area ad aver riconosciuto il matrimonio fra persone dello stesso sesso (2010). Buenos Aires ha reso identico il matrimonio omosessuale a quello eterosessuale, superando il concetto di unione gay. In linea con l’Argentina, l’Uruguay (che ha appena depenalizzato l’aborto) sta seguendo questo stesso iter: la prossima settimana il Parlamento affronterà di nuovo l’argomento del "matrimonio egualitario". Ma intanto in Argentina si prepara una nuova rottura: la riforma del Codici Civile – che riguarderà anche temi sensibili come la fecondazione assistita – potrebbe legalizzare l’"utero in affitto". Il modello argentino non passa inosservato. In Colombia è iniziato qualche giorno fa il percorso parlamentare che potrebbe portare all’approvazione del matrimonio gay, mentre in Messico è stata la Corte Suprema ad esprimersi a favore.
Michela Coricelli
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