lunedì 14 novembre 2016
Priebus capo dello staff, ma preoccupa la nomina di Bannon, suprematista bianco e antisemita. Pronto un posto anche per Giuliani.
Reince Priebus, nominato capo dello staff di Donald Trump

Reince Priebus, nominato capo dello staff di Donald Trump

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Donald Trump entrerà ufficialmente in carica il prossimo 20 gennaio, con il giuramento solenne a Washington. Nel frattempo è già attiva la sua “squadra di transizione”, che sta vagliando nomi e curriculum per riempire almeno 4mila posti di nomina pubblica, anche se naturalmente quelli più ambiti sono poche decine. Sulla lista non ci sono solo politici, ma anche consiglieri provenienti dal mondo dell’industria e del business, così caro allo stesso Trump. Domenica il presidente eletto ha effettuato le prime due nomine ufficiali, quelle di Reince Priebus e di Stephen Bannon, mentre tra i nomi quasi certi della nuova amministrazione c’è anche quello di Rudy Giuliani. Tra le figure più importanti c’è poi quella di Paul Ryan, attuale speaker repubblicano della Camera.

PRIEBUS


Trovare un punto di contatto tra l’agenda politica spesso estrema di Donald Trump e l’ortodossia conservatrice manifestata in Congresso dai leader del partito repubblicano non sarà facile. Punto di contatto sarà Reince Priebus, il numero uno del Comitato nazionale repubblicano chiamato dal presidente eletto a ricoprire l’incarico di capo dello staff della Casa Bianca. A differenza della gran parte dell’establishment del Grand old party (Gop), Priebus, considerato un moderato, si è schierato con Trump fin dalla prima ora. Nato 44 anni fa a Dover, nel New Jersey, Priebus è cresciuto nel Wisconsin, ha studiato legge ed è in politica dal 2004. Ora sarà l’”ufficiale di collegamento” tra la Casa Bianca ed il Congresso, controllato dai repubblicani, a differenza che sotto l'amministrazione di Barack Obama.


BANNON


Noto per posizioni vicine al nazionalismo bianco, accusato di antisemitismo, l'aggressivo ex patron del sito ultraconservatore e populista Breitbart News, Stephen Bannon, è l'uomo che avrà un ruolo chiave nella Casa Bianca di Donald Trump. Sarà il "chief strategist", lo stratega della linea politica, l'uomo di fiducia del presidente per le grandi questioni americane e internazionali. Sessantadue anni, ex manager di Goldman Sachs e autore di un documentario che osanna Sarah Palin, Bannon è stato ferocemente ostile ad Hillary Clinton e allo stesso establishment repubblicano. Breitbart news ha anche alimentato le più varie teorie cospirative, dalla nazionalità non americana di Barack Obama ai rumor sulla salute di Hillary Clinton, passando per l'accusa ad Huma Abedin, braccio destro di Hillary, di essere una spia di Riad. La nomina di Bannon ha subito attirato le proteste della comunità ebraica e di quella musulmana. «È una scelta che rende l'appello all'unità una presa in giro», ha affermato il Council on American-Islamic relations. «Bannon deve andare via se Trump vuole davvero essere il presidente di tutti», ha attaccato anche l'ebraica Anti-Defamation League.


GIULIANI


Il mondo lo ricorda ancora sulle macerie fumanti del World Trade Center. Rudy Giuliani - sindaco di New York dal 1994 al 2001, noto per la sua politica di tolleranza zero che contribuì a ripulire la metropoli dal crimine – è stato uno dei primi sostenitori della campagna elettorale di Donald Trump ed ora è indicato come probabile “attorney general”, segretario della Giustizia. Consigliere tra i più ascoltati del magnate, Giuliani ha sottolineato che i figli di Trump "non possono lavorare" nel governo del padre e ha suggerito che ne rilevino l'impero economico. Ha definito "piagnoni" gli studenti e i manifestanti che protestano contro la vittoria elettorale del magnate e non ha escluso un'inchiesta su Hillary Clinton e i fondi con cui è stata finanziata la fondazione della famiglia della candidata democratica.

RYAN


“Disgustato” dalle parole di Trump. Sono passate appena cinque settimane dal giudizio netto espresso dallo speaker repubblicano della Camera, Paul Ryan, a proposito del video sessista del 2005 di Donald Trump. La vittoria contro Hillary Clinton è però bastata per far “ricredere” lo stesso Ryan, che all’indomani del voto ha parlato di una “grande vittoria grazie a Donald”. Lo speaker ha già ricevuto Trump al Congresso, in quel “fortino della politica” che è stato bersaglio privilegiato dell’inarrestabile corsa del miliardario. Ryan, 46 anni, nel 2012 è stato candidato alla vicepresidenza Usa insieme a Mitt Romney. Sotto attacco negli ultimi tempi da parte dell’ala ultra conservatrice del partito che vuole sfidare la sua leadership, ha ottenuto da Trump la promessa di “muoversi rapidamente” sul fronte della riforma delle tasse e dell’abolizione della riforma sanitaria Obamacare. Da vedere come si svilupperà il rapporto tra i due, ma l'ipotesi più accreditata è che l'incontro avvenga a metà strada.

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