lunedì 14 gennaio 2013
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​L’aria è impastata di un odore dolciastro. Le dita di Ducilis lacerano rapide la massa morbida per dividerla in pezzetti. Che poi tormentano fino a farne delle perfette mezzelune. Solo a quel punto le adagiano sui vassoi, disposti a strati e pronti per il forno. «Et voila. Non è difficile – dice in un misto di francese e creolo – è un po’ come mescolare il cemento». Ducilis lo ha fatto per 30 dei suoi 44 anni. «Guadagnavo in media 2 dollari al giorno», aggiunge. Come i tre quarti dei circa 10 milioni di haitiani.Difficile sopravvivere, tanto più per chi come lui ha una moglie venditrice abusiva, sei figli e una casa polverizzata dal terremoto. Per questo, quando ha saputo dell’avvio del panificio Le Rosée (la rugiada), nel cuore di Croix de Busquets, il municipio satellite di Port-au-Prince dove vive, Ducilis non ci ha pensato due volte. E da un anno lavora per la Fondation Haïtienne pour le relèvement et le développment (Fhrd). Un bell’esempio di rinascita dal basso che offre impiego a 140 persone. «Ho perfino potuto cominciare a rifare la mia casa", conclude Ducilis. Non poco per un Paese dove a tre anni dal sisma 360mila persone sopravvive ammassata in 496 tendopoli. Proprio nel tentativo di dare un alloggio agli sfollati, sei haitiani "di buona volontà" – ora sono 17 – nel maggio 2010 hanno dato vita alla Fhrd.«Non ce l’avremmo fatta senza il sostegno dell’Agenzia scalabriniana per la collaborazione allo sviluppo, l’ostinato ottimismo del missionario Giuseppe Durante e la decisione della Caritas italiana di scommettere su di noi fin dall’inizio, quando tutto questo era un sogno», spiega il presidente Isaac Xavier, indicando il grande fabbricato biancastro in cui si trova il panificio. I primi 130mila euro – diventati ora quasi 500mila – hanno permesso di avviare l’impresa edile che ha realizzato Colombe, il villaggio pilota di 13 casette. L’effetto moltiplicatore è stato immediato: altre associazioni ci hanno creduto e finanziato i lavori per 300 nuove case intorno. «Non volevamo però solo fare edifici, ma creare comunità. Una comunità sostenibile: in cui la gente potesse ritrovarsi, lavorare, rendersi autonoma», spiega padre Giuseppe. Così sono arrivate le microimprese e altrettanti impieghi per residenti e vicini: oltre al panificio ci sono il minimarket, il pastificio e la fabbrica di blocchetti.Tutti i prodotti hanno lo stesso marchio: «Rugiada», simbolo di rinascita nella cultura haitiana. Le piccole aziende sono cooperative: i guadagni vengono reinvestiti nelle iniziative. Le idee non mancano. Forse per questo, in mezzo alla paralisi nazionale, a Croix des Busquets la ricostruzione procede. Goccia a goccia, come la rugiada.
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