venerdì 5 maggio 2023
Tutto pronto a Westminster dove sabato mattina avverrà l'incoronazione dell'erede di Elisabetta. Ridotto a duemila il numero degli invitati per dare un'immagine più "snella"
Grande attesa a Londra per la cerimonia di sabato

Grande attesa a Londra per la cerimonia di sabato - Ansa

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È arrivato il suo momento. Dopo aver aspettato una vita intera, re Carlo, 74 anni, l’erede al torno della defunta Elisabetta, si accinge a essere ufficialmente incoronato sovrano del Regno Unito. Al suo fianco, nella cerimonia di investitura in programma domani, ci sarà la moglie Camilla, l’amore della sua vita. La donna che riuscì a sposare solo nel 2005, otto anni dopo il divorzio dalla principessa Diana, diventerà a pieno titolo la sua regina con tanto di scettro e corona.

L’evento, ispirato a copione vecchio più di mille anni, promette uno scenario da favola. Carlo ha voluto renderlo un po’ meno sfarzoso rispetto a quello di cui nel 1953 fu protagonista la madre. Il corteo che, allora, accompagnò la giovane Elisabetta da Buckingham Palace all’abbazia di Westminster, sede canonica delle incoronazioni dal 1066, era lungo sette chilometri. Quello che domani si snoderà lungo The Mall, Whitehall e Parliament Street sarà “appena” di due. Ridotti anche i tempi della funzione religiosa, presieduta dall’Arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, e il numero degli invitati. Al rito assisteranno 2mila persone (non 8mila come settant’anni fa) tra capi di Stato e di governo di tutto il mondo, il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, rappresenterà il Papa. L’intento è restituire al pubblico l’immagine di una monarchia più snella, moderna e, soprattutto, meno costosa. Il conto delle spese verrà presentato al Parlamento nelle prossime settimane ma secondo alcune stime si aggira tra 50 e 100 milioni di sterline.

L’operazione “Globo d’oro”, questo è il nome dato all’organizzazione della cerimonia, non intende tuttavia sacrificare la regalità britannica sull’altare del risparmio. La carrozza di Carlo e Camilla – la Britannia del 2014 all’andata, la Gold State Coach del 1830 al ritorno – verrà scortata da uno stuolo di 6mila militari in alta uniforme. Nella notte tra martedì e mercoledì sono andate in scena le prove generali della parata. Il buio dei vialetti di Green Park nascondeva come un sipario a teatro il cambio d’abito dei guardiani della Torre di Londra, i “Yeoman Beefeaters”, e lo sberrettarsi liberatorio delle guardie della regina dai pesanti “bearskin”. Patricia ed Ernest, arzilla coppia di ottantenni, campeggiava ai bordi della strada che costeggia St. James Park per vederli sfilare in marcia sotto i propri occhi. «Eravamo bambini quando abbiamo assistito all’ascesa al trono di Elisabetta - commentavano orgogliosi - non potevamo perderci il seguito». «Seguiremo la cerimonia in tv con tutta la famiglia», spiegavano sfregandosi le mani dal freddo, «potremo dire di aver già respirato dal vivo un po’ di questa storia». I colori della Union Jack – bianco, rosso e blu – sono spalmati ovunque. Nelle vetrine dei negozi, sulle facciate dei palazzi, nei ristoranti, sulle cassette della posta.

Tutto concorre a dare lustro a quella che viene ormai spesso definita la monarchia «cerimoniale» britannica, espressione che rimanda per assonanza irriverente all’aggettivo «parlamentare». C’è chi è pronto a scommettere che Carlo voglia smarcare la Corona dall’etichetta di una “ditta” che commercializza l’allure nostalgico dell’impero per dargli sostanza. I biografi ricordano di quando, poco più che ventenne, l’allora principe di Galles teorizzava: «Essere solo una presenza sarebbe fatale». Manifesto acerbo della volontà di fare di più per il Paese: promuovere il “british dream” insieme all’industria. Del resto, osservano gli esperti, il suo regno sarà breve, per questo farà di tutto per dargli un’impronta visibile. A confermarlo è, per esempio, la decisione di fare dell’incoronazione una cerimonia marcatamente multiculturale, specchio della moderna identità britannica, partecipata dai leader di diverse religioni, non solo ebrei e musulmani, sciiti e sunniti, ma anche sikh, buddisti, indù, jainisti, bahai e zoroastriani. Ha fatto molto discutere l’idea maturata a Lambeth Palace, sede della Chiesa d’Inghilterra, di diffondere una formula con cui i sudditi potranno, su base volontaria, giurare lealtà al re «e ai suoi successori» guardando la cerimonia in tv comodamente da casa.

La trovata, ordita per rimpiazzare il rito di sottomissione dell’aristocrazia, è stata percepita come anacronistica, ridicola, un affronto alla democrazia britannica che affonda le sue radici al Parlamento, prima che al Palazzo. Tra le mura di Buckingham Palace si dice sia stato allestito un set hollywoodiano in cui ognuno può esercitarsi nel ruolo che gli è stato affidato per il grande evento. Prove generali di una transizione tra passato e futuro che il mondo starà a guardare, per lo meno, con un pizzico di curiosità.

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