sabato 9 novembre 2013
​Referendum il primo dicembre per cambiare la Costituzione. «Sì» del Parlamento alla consultazione: il gruppo «Nel nome della famiglia» aveva raccolto 740mila firme. E il 54% appoggia l’iniziativa.
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​«Volete che sia introdotta nella Costituzione della Repubblica di Croazia la definizione di matrimonio come unione di un uomo e di una donna?». Questa domanda si troveranno sulla scheda i croati il primo dicembre prossimo, nel primo referendum di iniziativa popolare del loro Paese, membro dell’Ue dal primo luglio. Ieri infatti il Parlamento di Zagabria ha approvato con 104 sì (su 151 deputati), 13 no (il resto assenti o astenuti) l’indizione di un referendum per modificare la Costituzione per limitare il matrimonio alle sole coppie eterosessuali. Un voto che è seguito a una richiesta promossa dall’iniziativa “Nel nome della famiglia” e sostenuto dalla firma di 740.000 croati, oltre il 16% della popolazione di 4,2 milioni di abitanti, e quasi il doppio del minimo previsto dalla legge (375.000). Firme, oltretutto, raccolte nel giro di soli 15 giorni. A tutt’oggi la Croazia non prevede unioni registrate gay, ma già dal 2003 ha esteso alle coppie omosessuali il trattamento riservato alle coppie non sposate conviventi da almeno tre anni, soprattutto sul fronte dei beni. Il governo di centro-sinistra, che ha già introdotto – ignorando le proteste della Chiesa (il 90 dei croati è cattolico) – l’educazione sessuale obbligatoria nelle scuole, ha sempre rifiutato di escludere l’ipotesi di allargare anche il matrimonio alle coppie dello stesso sesso, come accade in altri Paesi europei. L’iniziativa “Nel nome della famiglia” è stata sostenuta fin dall’inizio dalla Conferenza episcopale croata, ma ha ricevuto adesioni anche da rappresentanti della chiesa serbo-ortodossa, nonché da esponenti della comunità ebraica e di quella musulmana. «Quello che vogliamo – ha spiegato Zeljka Markic, leader dell’iniziativa – è esser certi che una cosa fondamentale come matrimonio e famiglia, e i diritti che ne derivano, non possa esser cambiata semplicemente modificando la legge». Markic e gli altri fautori del referendum negano di essere «omofobi», ma dicono di voler evitare quanto accaduto in Francia, con il Parlamento che ha imposto le nozze “per tutti” ignorando l’opposizione di milioni di francesi e di centinaia di migliaia di persone in piazza.In questi giorni la Conferenza episcopale croata ha pubblicato su vari giornali un messaggio alla popolazione esortandola a votare sì al referendum. Secondo recenti sondaggi, comunque, il 54% dei croati appoggia l’iniziativa “Nel nome della famiglia”, mentre solo il 30% si dice contrario. Chiaramente contro il referendum si sono espressi i vertici dello Stato: sia il premier socialista Zoran Milanovic, sia il presidente liberale Ivo Josipovic. «In questa iniziativa – ha detto il capo del governo – vedo una mancanza di tolleranza contro una minoranza». «La domanda – ha dichiarato anche il presidente croato – è: abbiamo bisogno di questo referendum? Io penso di no. Una nazione viene giudicata dal suo atteggiamento verso le minoranze». Le organizzazioni omosessuali hanno intanto annunciato un ricorso presso la Corte costituzionale contro il quesito referendario, il quale a loro dire violerebbe i diritti umani fondamentali, che non possono essere sottoposti a voto popolare. La questione sta infiammando gli animi in Croazia, con i socialnetwork – Facebook in testa – che ribollono di accuse anche virulente soprattutto contro gli organizzatori dell’iniziativa.​​
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