martedì 3 dicembre 2013
I sì vincono con il 66%, affluenza del 38%. Il primo ministro Milanovic: un risultato «triste e inutile». Il governo annuncia un disegno di legge sulle unioni civili. Polemiche per la scarsa partecipazione: «Serve un quorum».
INTERVISTA Il cardinale Bozanic: vittoria del popolo
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La Croazia, con il referendum di domenica, ha scritto nella sua Costituzione che il matrimonio è esclusivamente una «unione tra uomo e donna». Un voto che non ha precedenti nell’Europa a Ventotto.A favore del «sì » si è espresso il 66% degli elettori. Contro la modifica costituzionale, secondo i dati diffusi dalla Commissione elettorale, si è schierato invece il 34% dei votanti. Bassa l’affluenza, attestatasi solo al 38% dei 3,8 milioni di aventi diritto al voto per una consultazione che non prevede nessun tipo di quorum.La mobilitazione del cartello di associazioni "Nel nome della famiglia", sostenuto dalla Conferenza episcopale croata, ha quindi nettamente prevalso nonostante gli appelli del governo, del presidente della Repubblica Ivo Josipovic, di gran parte dei media e del mondo accademico che nei giorni di vigilia avevano invitato apertamente i croati a votare «no» al quesito. Una vittoria doppiamente significativa perché si tratta del primo referendum di iniziativa popolare della storia croata – con una raccolta di firme capace in 15 giorni di recuperare più del doppio delle adesioni necessarie per legge – ma anche perché è stato il primo referendum su un argomento così sensibile nell’Ue, in cui Zagabria è entrata a far parte dallo scorso 1° luglio. I leader del cartello di associazioni cattoliche «Nel nome della famiglia» – sostenuto dalla Chiesa cattolica a cui appartiene gran parte della popolazione, ma anche dalle comunità ortodossa e dalla comunità musulmano-bosniaca – ha più volte affermato in risposta alle accuse di omofobia, che nessuno in base al testo della Costituzione sarà discriminato poiché «si tratta di una definizione naturale del matrimonio, che rispetta la realtà». Evidente e determinante la mobilitazione della Chiesa cattolica che, dopo appelli pubblicati sui principali quotidiani nazionali, domenica attraverso le omelie di tutti i vescovi ha invitato i fedeli ad esprimersi «a favore della definizione cristiana del matrimonio».I promotori hanno sostenuto di essere stati spinti a questa iniziativa dopo che a maggio in Francia sono stati legalizzati i matrimoni gay, «per prevenire che lo stesso accada anche in Croazia». Con questa modifica della Costituzione la Croazia si unisce alla Lettonia, Lituania, Polonia, Ungheria e Bulgaria, i cinque Paese dell’Unione Europea che hanno già una definizione esclusivamente eterosessuale del matrimonio nelle rispettive Costituzioni.Prima del voto la Corte costituzionale croata aveva spiegato che la «definizione del matrimonio come un’unione tra un uomo e una donna», non incide sulla definizione della famiglia e che l’esito del referendum «non può in nessun modo limitare uno sviluppo futuro della regolamentazione legislativa delle unioni civili tra le persone dello stesso sesso».Il primo ministro Zoran Milanovic, contrario come tutta la maggioranza socialdemocratica al quesito, ha definito «triste e inutile» questo referendum «che non è altro che una manifestazione di omofobia», mentre la stampa ha chiesto di rivedere la legge referendaria per impedire che «un quarto della popolazione possa modificare la Costituzione». Il governo ha pure annunciato, a spoglio appena concluso, che tra una o due settimane il suo governo presenterà una legge sulle unioni civili tra le coppie dello stesso sesso. La legge prevede che alle coppie siano garantiti tutti i diritti di quelle sposate, ad eccezione dell’adozione dei minori. Da registrare infine il polemico boicottaggio di tutta la stampa croata del quartier generale di "Nel nome della famiglia" dopo che domenica erano stati negati gli accrediti alle testate liberali e alla tv pubblica.
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