sabato 29 aprile 2023
Si combatte per la terza settimana anche a Khartum. Nessun segnale di possibili colloqui a Juba tra i leader, che si accusano. Scappare per i più poveri è ora impossibile. Saccheggiato ospedale di Msf
In Sudan si sta consumando un'altra tragedia africana

In Sudan si sta consumando un'altra tragedia africana - ANSA

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Dopo 30 anni di regime militare, il volto del Sudan è cambiato in poco più di due settimane. Quando i primi spari si sono avvertiti il 15 aprile in varie zone del Paese, pochi avevano previsto un inizio così rapido di un conflitto che sembra destinato a prolungarsi per i prossimi mesi. Le vittime sarebbero «almeno 528», ma a giudicare l’efferatezza usata da entrambe le parti sul campo, alcuni analisti parlano di «oltre duemila». Dopo lo spodestamento di Omar el-Bashir nell’aprile del 2019, una serie di eventi ha portato il Sudan al collasso in soli quattro anni. Le cinque successive tregue sono si fattop fallite, come per ora l’ìpotesi di colloqui diretti tra i protagonisti a Juba in Sud Sudan. Mohamed Hamdan Dagalo, a capo del gruppo paramilitare delle Forze di supporto rapido (Fsr), ha detto chiaramente che «non negozierà fino alla fine dei combattimenti». E ha aggiunto che i suoi uomini sono stati «implacabilmente» bombardati nonostante la proroga della tregua.

Intanto dello stesso Bashir, oggi, non si sa molto. Dopo aver passato questi ultimi anni in prigione, colui che ha regnato con un pugno di ferro per 30 anni, con lo svuotamento delle prigioni, si troverebbe in un posto sconosciuto probabilmente protetto dagli stessi che l’hanno incarcerato per tranquillizzare parte della comunità internazionale.

Nelle strade della capitale sudanese, Khartum, sono ora due i «criminali» che si affrontano: il capo dell'esercito, Abdel Fattah al-Burhan, e il suo ex vice, Dagalo alias Hemedti. Entrambi si stanno coprendo di gravi crimini e le conseguenze delle loro azioni sono oramai devastanti. «A Khartum continuano i combattimenti e i saccheggi – affermava ieri la stampa locale –. la capitale come il Paese sono ormai al collasso. Ci sono altre uccisioni di civili, compreso personale medico, ad Al Geneina, nel Darfur occidentale», dove è stato letteralmente saccheggiato l’ospedale di Medici senza frontiere dopo una violenta irruzione. I Paesi confinanti, Egitto i testa, da giorni lanciano allarmi per il «pericolo contagio».

E gli effetti sono già evidenti. Già 50mila sudanesi hanno lasciato il Paese: 20mila sono rifugiati in Ciad, 16 mila in Egitto, 13.292 in Sud Sudan e 1.300 in Centrafrica. Sempre secondo l'Onu, più di 75mila sudanesi risultano invece sfollati interni, principalmente negli Stati di Khartum, Nilo Blu, Nord Kordofan e Darfur. Una situazione destinata ad aggravarsi nei prossimi giorni. Il 61% delle strutture sanitarie sudanesi è chiuso e solo il 16% funziona a Khartum, milioni di persone non hanno quindi accesso all'assistenza sanitaria. Gli operatori umanitari stanno portando aiuto ovunque e quando possibile, ma gran parte di essi sono partiti con le numerose operazioni di evacuazione eseguite dai Paesi stranieri e dagli stessi sudanesi durante gli ultimi cinque giorni. Sono almeno 16mila i cittadini con passaporto statunitense nel Paese. Gran Bretagna, Unione Europea, Turchia, Cina, Paesi del Golfo, Corea del Sud, Giappone evacuati.

Ma per un sudanese che vuole oltrepassare il confine oggi ci vogliono fino a 40mila dollari. Anche l'Onu e molte nazioni hanno evacuato i loro operatori via terra. Quelli che hanno deciso di rimanere, stranieri e locali, sanno che ogni giorno la situazione può peggiorare.


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