mercoledì 25 settembre 2019
Respinto all’unanimità il ricorso dei parenti: via la tomba dalla Valle de los caídos. Bocciato anche il trasferimento nella cattedrale dell’Almudena. Il governo esulta
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Applausi, urla di gioia, qualche coro di «Vergogna! Vergogna!». L’emozione è contenuta fra le decine di manifestanti, tutti con i capelli bianchi, assiepati davanti alla Corte Suprema, quando giunge l’attesa sentenza, poco dopo mezzogiorno. Con una decisione rapida e unanime, i sei giudici hanno respinto il ricorso degli eredi di Francisco Franco contro l’esumazione dei resti del “Caudillo” dal mausoleo della Valle de los caídos, a San Lorenzo del Escorial.

L’unico monumento in Europa a un dittatore, fatto edificare da lui stesso a sua «perpetua e gloriosa memoria» e dove è interrato dalla morte, nel 1975, accanto ad almeno 35mila vittime della guerra civile (1936-1939). L’alta corte ha respinto anche l’istanza dei nipoti per trasferirlo alla cattedrale dell’Almudena, nel cuore della capitale, per i rischi che comporterebbe per l’ordine pubblico. Il corpo mummificato di Franco sarà inumato in un luogo appartato, nel cimitero municipale di El Pardo-Mingorrubio, vicino Madrid, accanto alla salma della moglie Carmen Polo.

Augustín, 86 anni, che sorregge lo striscione con le foto delle vittime della guerra, e da 44 lotta per «porre fine a un’ingiustizia morale», non trattiene le lacrime, 'per i nostri padri, per i nostri figli e le famiglie di tutti i caduti», dice. Miguel Angel Muga, portavoce della piattaforma “Né alla Valle né all’Almudena”, cui aderiscono una ventina associazioni per la memoria storica, parla di «un’importante tappa vinta» nella «battaglia che va avanti, perché siano rimosse anche le spoglie del fondatore della Falange, Primo de Rivera, e il mausoleo diventi un memorial come a Mauthausen».

La decisione del tribunale su una delle grandi promesse nella legislatura del premier ad interim Pedro Sánchez coincide con lo scioglimento delle Camere e la convocazione di elezioni anticipate al 10 novembre prossimo. Da New York, il leader socialista l’ha celebrata come «una grande vittoria della democrazia spagnola». Servirà a galvanizzare un elettorato demotivato per il quarto ritorno alle urne in 4 anni. La vice Carmen Calvo ha assicurato che il trasferimento dei resti «avverrà quanto prima». Ma difficilmente prima dell’inizio della campagna, perché la lunga querelle giudiziaria non è terminata.

La sentenza è definitiva, ma l’esecuzione dipenderà dalla revoca della misura cautelare di sospensione della licenza urbanistica, per sollevare la lapide di granito di 2 quintali della tomba del Caudillo, disposta da un magistrato del tribunale amministrativo di Madrid, accogliendo una denuncia della Fondazione Franco. Il governo, che ha tentato invano di ricusare il giudice, nega che il contenzioso possa ritardare la sua road map. Ma una decisione del Tar potrebbe tardare dai 2 ai 5 anni. Una volta note le motivazioni della sentenza, gli eredi di Franco si rivolgeranno alla Corte costituzionale e alla Corte europea per i diritti umani: «È negato loro il diritto, riconosciuto dalla Costituzione, di interrare i propri cari dove considerano opportuno», ha insistito il legale Felipe Utrera-Molina.

C’è poi l’autorizzazione all’esumazione della Chiesa, che anche attraverso il segretario di Stato, Pietro Parolin, ha confermato di non opporsi e ripetuto che avrebbe rispettato la decisione della giustizia. Ma resta pendente il ricorso opposto a marzo dal priore Santiago Cantera, della comunità di monaci benedettini custode dell’abbazia. E, intanto, il Caudillo è più vivo che mai nella disputa elettorale.

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