sabato 17 marzo 2012
​Il candidato repubblicano ha sempre invocato durezza contro Pechino perché «nega i diritti umani», ma continua a guadagnare grazie alle azioni della compagnia che ha guidato.
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​Mitt Romney uno: «Ogni seria politica americana verso la Cina deve confrontarsi con la continua negazione di diritti umani e libertà politiche che il regime cinese impone alla sua gente». Mitt Romney due: «Gli Stati Uniti devono incoraggiare l’evoluzione della Cina verso un ordine politico più aperto e democratico». Parole da uomo di stato, parole di colui che aspira, a novembre, a prendere il posto di Barack Obama alla Casa Bianca, dopo l’eventuale vittoria nelle primarie repubblicane. E però il candidato Romney, l’aspirante statista Romney, forse non ha fatto i conti con l’azionista Romney. Quello che, mentre l’altro invoca durezza verso Pechino, incassa ricchi dividendi proprio grazie a quella soffocante sorveglianza con la quale il regime cinese tiene a bada i suoi oppositori.Tutto è legato alla Bain Capital, il fondo di private equity che Romney ha guidato in passato e grazie al quale ha accumulato una fortuna da 200 milioni di dollari. Il candidato repubblicano non ha attualmente un ruolo operativo nella compagnia, ma detiene un importante pacchetto azionario nel fondo Bain Capital Asia, proprietario di Uniview Technologies. Quest’ultima azienda è fiera di presentarsi come la maggiore fornitrice di Pechino per il suo programma «Città sicure». Il nome è rasserenante, fa pensare ad un governo attento al benessere dei suoi cittadini. Ma si tratta, in realtà, di un sistema di monitoraggio che consente alle autorità cinesi di video-sorvegliare campus universitari, piazze, luoghi di culto e altri luoghi «sensibili». Uniview Technologies produce, in particolare, quelle che definisce «telecamere a infrarossi antisommossa» e un software che consente alle forze di polizia di scambiarsi immagini in tempo reale attraverso Internet. Progetti passati hanno incluso, stando alla stessa Uniview, un centro di comando di emergenza in Tibet che «fornisce solide fondamenta per il mantenimento della stabilità sociale». «Ci sono telecamere intorno a tutto il nostro monastero», racconta un monaco tibetano dalla provincia di Gansu, secondo il quale questo sistema ha consentito la cattura di quasi 200 monaci che avevano partecipato a una manifestazione nel 2008.Romney oggi non decide gli investimenti della Bain, ma grazie alle sue azioni ha guadagnato oltre 5,6 milioni di dollari dalle attività della compagnia. Non solo: Bain è anche tra i maggiori donatori della sua corsa verso la Casa Bianca, avendo versato il 10% del totale raccolto dal suo comitato politico. Come fa notare il New York Times, queste rivelazioni rischiano di essere compromettenti nella corsa elettorale di Romney, che di frequente ha invocato durezza contro il governo cinese per la sua repressione contro i dissidenti politici e la libertà religiosa. Romney ha anche accusato Obama di aver posto le questioni economiche al di sopra dei diritti umani nelle sue relazioni con la Cina. Bain non è certo l’unica azienda Usa accusata di collaborare con le autorità cinesi. Tra le altre, Ibm, General Electric, Cisco Systems e Yahoo. Il business della videosorveglianza cinese è immenso: l’anno scorso il giro d’affari è stato di 2,5 miliardi di dollari, cifra destinata a raddoppiare entro il 2015. La provincia del Guangdong sta installando 1 milione di telecamere, Pechino solo per le Olimpiadi ne aveva piazzate 300mila. Per attivisti politici, religiosi e sostenitori dei diritti umani è pressoché impossibile sfuggire a tale sorveglianza. Non sarà responsabilità diretta di Romney, ma certo la sua immagine politica rischia di restarne fortemente scalfita.
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