giovedì 27 febbraio 2020
Al Pontificio Istituto di Archeologia cristiana gli studenti del Kinneret College on the Sea of Galilee. Un incontro promosso dall'Ambasciata israeliana presso la Santa Sede
Gli studenti del Kinneret College on the Sea of Galilee nella sede del Pontificio Istituto di Archeologia cristiana a Roma. A destra, il rettore dell'istituzione vaticana, monsignor Stefan Heid e il segretario,  monsignor Carlo dell'Osso

Gli studenti del Kinneret College on the Sea of Galilee nella sede del Pontificio Istituto di Archeologia cristiana a Roma. A destra, il rettore dell'istituzione vaticana, monsignor Stefan Heid e il segretario, monsignor Carlo dell'Osso - (Archivio)

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Basta scavare un po’ e le radici comuni si trovano. E loro scavano veramente, con le mani nella terra di Israele, dove ogni centimetro quadrato racconta mille anni di storia. Sono archeologi e studiano al Kinneret College on the Sea of Galilee, istituto superiore atterrato come un’astronave super-tecnologica sulle rive del Lago di Tiberiade, nel nord del Paese. Questa settimana sono arrivati a Roma per incontrare i colleghi del Pontificio Istituto di Archeologia cristiana (Piac), istituzione universitaria del Vaticano, che ha organizzato l’evento con l’Ambasciata israeliana presso la Santa Sede, e l’ha ospitato.



L'evento

L'evento - (Archivio)

Gli scavi in Galilea. La chiesa sopra la casa degli apostoli

Un momento di confronto fra i ragazzi, una trentina, che si è concentrato soprattutto sugli scavi più recenti, quelli di Betsaida, nel sito di El-Araj (nord della Galilea) dove gli archeologi del Kinneret College, circa un anno fa, hanno portato alla luce una grande chiesa di epoca bizantina, identificata con la Chiesa degli Apostoli, che secondo la tradizione cristiana – lettura che gli scavi stanno confermando – fu costruita sopra l’abitazione degli apostoli Pietro e Andrea.
Una scoperta, illustrata durante l’incontro dal professor Moti Aviam del Kinneret College, che è anche ri-scoperta di una condivisione possibile e necessaria.

«Ogni anno abbiamo gruppi di studenti che arrivano al nostro Istituto dalle università tutto il mondo: studiano insieme, scavano insieme, lavorano insieme ai nostri ragazzi», spiega il professor Jacob Ashkenazi, che guida il dipartimento di studi sulla Terra di Israele. E il sito diventa anche territorio di sperimentazione multiculturale, «perché il 50% dei giovani nel nostro istituto sono arabi – sottolinea Ashkenazi –. Musulmani, cristiani ed ebrei».

L'intervento di Gabriele Castiglia, del Pontificio Istituto di Archeologia cristiana

L'intervento di Gabriele Castiglia, del Pontificio Istituto di Archeologia cristiana - (Archivio)

Gli scavi di Adulis in Eritrea

Parte dell’evento è stato poi dedicato all’intervento di Gabriele Castiglia, del Piac, che ha parlato degli scavi nel sito di Adulis, in Eritrea, dove la missione degli degli archeologi si fa volano di speranza e pace.

La conferenza

La conferenza - (Archivio)

L'archeologia che unisce

«L’archeologia è un argomento che ci unisce perché mostra quanto siano profondi i legami tra le nostre due culture», ha sottolineato l’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede Oren David, presente con il rettore del Piac, monsignor Stefan Heid, e ringraziando monsignor Carlo dell’Osso, Segretario dell'istituzione a, per l’ospitalità e il contributo. «Israele è uno Stato molto giovane – ha concluso David –, ma la sua storia è antica e le scoperte archeologiche sono frequenti e di grande importanza per svelare il passato dell’umanità». Le radici del futuro.


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