lunedì 19 settembre 2022
Un rapporto della Hrmmu, la Missione di monitoraggio dei diritti umani, rivela: quasi seimila persone sono morte nelle aree sotto il controllo di Kiev, contro le 348 occupate
Le vittime nelle fosse comuni di Izyum

Le vittime nelle fosse comuni di Izyum - Ansa

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Come la risacca dopo un maremoto, la ritirata russa lascia sul terreno le macerie di un’occupazione selvaggia: distruzioni, saccheggi, rappresaglie e i massacri di civili inermi. L’ultimo dato ufficiale fornisce una proporzione che non sorprende chi ha messo piede in Ucraina: quasi 20 civili uccisi dagli attacchi russi per ogni civile morto in seguito alla reazione di Kiev.

È un numero nero su bianco annotato dall’Ufficio di coordinamento Onu nel Paese. Dall’inizio del conflitto gli attacchi delle forze russe hanno ucciso 5.479 civili nei territori controllati dalle autorità ucraine, a cui presto si aggiungeranno i 440 in corso di verifica nelle fosse comuni di Izium. Nelle aree a forte presenza di russi e filorussi i civili la cui morte è stata riscontrata ufficialmente sono stati 348.

Alla data dell’11 settembre l’Onu è in grado di confermare in tutta l’Ucraina un totale di 5.718 morti e 8.421 feriti. «Il bilancio della guerra in Ucraina si avvicina a 14.000 civili colpiti. La Missione di monitoraggio dei diritti umani in Ucraina (Hrmmu) ha verificato, al 4 settembre, almeno 13.917 vittime civili in tutta l’Ucraina dall’inizio dell’invasione: 5 827 persone uccise e 8.199 ferite», spiegano dalle agenzie delle Nazioni Unite sul campo. «Tra i morti ci sono 2.214 uomini, 1.526 donne, 186 ragazzi e 151 ragazze, e tra i feriti ci sono 1.693 uomini, 1.250 donne, 245 ragazzi e 179 ragazze», viene precisato, mentre di altre decine di persone decedute non si conosce il genere. «La maggior parte delle vittime civili è stata registrata e verificata negli oblast di Donetsk e Lugansk orientali», si legge in una nota dell’Hrmmu che ha confermato come la maggior parte dei civili colpiti sia vittima di «armi esplosive con effetti ad ampio raggio», cioè deliberati bombardamenti nelle aree a forte presenza di popolazione disarmata. «Riteniamo – si legge ancora – che le cifre reali siano notevolmente più alte».

Sebbene le Nazioni Unite non attribuiscano unilateralmente responsabilità specifiche per ogni singolo caso, la lettura delle mappe allegate ai report suggerisce che nel territorio controllato dal governo ucraino e sottoposto ai bombardamenti russi vi siano stati fino al 4 settembre 3.124 civili uccisi e 3.274 feriti. Numeri che ancora non contemplano i macabri ritrovamenti delle ultime ore. Dalla parte opposta, nelle aree fino ad allora controllate dalle forze armate russe e dai gruppi armati affiliati a Mosca, dunque bersagliate dall’esercito ucraini, sono stati registrati 348 morti e 1.288 feriti.

Negli ultimi giorni le forze ucraine hanno ripreso il controllo di oltre 3.000 chilometri quadrati di territorio precedentemente occupato dalla Russia, tra cui Izyum e Kupiansk, due città chiave nell’oblast di Kharkiv. Mentre le forze russe si ritirano, emergono prove di crimini di guerra «sotto forma di testimonianze, filmati e fotografie», annota Amnesty International.

Nelle settimane scorse Amnesty aveva denunciato migliaia di crimini russi e 19 possibili violazioni ucraine. Quest’ultimo dato era stato oggetto di critiche anche metodologiche, scatenando polemiche e una serie di dimissioni eccellenti all’interno dell’organizzazione per i diritti umani. Ora Amnesty torna con una nuova denuncia contro Mosca. «Il 10 settembre, le forze dell’ordine ucraine hanno riferito che gli agenti di polizia avevano riesumato i corpi di due uomini presumibilmente torturati e uccisi dalle forze russe nel villaggio di Hrakove, nell’oblast di Kharkiv, a marzo.

L’11 e il 12 settembre – aggiunge Amnesty –, gli attacchi militari russi hanno danneggiato le infrastrutture energetiche critiche, provocando gravi interruzioni alle forniture di elettricità e acqua, nonché ai servizi ferroviari». Per l’organizzazione, quella messa in atto da Mosca «sembra essere una risposta alle conquiste militari dell’Ucraina, lanciando attacchi che hanno causato danni significativi alle infrastrutture civili critiche – si legge in una nota – incluso un attacco a una centrale elettrica che ha portato a interruzioni di corrente e acqua e ha interrotto le attività civili. Perciò ricordiamo alla Russia che prendere di mira deliberatamente infrastrutture civili può costituire crimini di guerra».

Questi crimini «devono essere investigati al fine di garantire che chiunque sia sospettato di responsabilità penale – insiste Amnesty che chiede alla comunità internazionale di sostenere le investigazioni – sia assicurato alla giustizia».

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