martedì 18 agosto 2020
Il gigante Usa avverte che i suoi servizi "peggioreranno" se il governo di Canberra procederà con il piano di obbligare le grandi piattaforme a pagare per la pubblicazione dei contenuti
Google pronta a contro misure

Google pronta a contro misure - Reuters

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Davide contro Golia. Ovvero l’informazione locale contro i giganti di Internet. Questa volta il confronto si consuma in Australia con Google che però passa subito al contrattacco e avverte i milioni di utenti australiani che possono aspettarsi servizi "drammaticamente peggiori", se il governo di Canberra procederà con il piano di obbligare le grandi piattaforme, come anche Facebook, a pagare i media tradizionali per pubblicare i loro contenuti. Il nuovo codice di condotta elaborato dalla Commissione australiana per la concorrenza e i consumatori, che dovrebbe entrare in vigore entro l'anno per disciplinare i rapporti commerciali tra le due parti, prevede multe di milioni di dollari per inadempienze e inoltre l'obbligo di trasparenza sugli algoritmi, finora gelosamente custoditi, che le piattaforme usano per classificare i contenuti.
Nella lettera aperta diretta agli australiani il direttore di Google per Australia e Nuova Zelanda, Mel Silva, sostiene che il codice di condotta avrebbe un severo impatto su Google e sulla sua sussidiaria YouTube. "Queste norme ci costringerebbero a fornirvi servizi drammaticamente peggiori di ricerche Google e di YouTube, e inoltre a consegnare i vostri dati ai grandi news business. Ci obbligherebbero a dare un vantaggio ingiusto a un gruppo di business, quello dei news media, a spese di ogni altra entità, grande e piccola, che opera un sito web o un canale YouTube", prosegue la lettera.
I piani dell'Australia sono osservati attentamente attorno al mondo, mentre gli enti regolatori dei vari Paesi concentrano sempre più l'attenzione su un settore in rapida trasformazione. I news media su scala globale hanno sofferto con il diffondersi dell'economia digitale, dove le compagnie big tech catturano in misura schiacciante gli introiti pubblicitari. A differenza degli sforzi senza successo di altri Paesi per costringere le piattaforme a pagare per le news che pubblicano, l'iniziativa australiana, con forte sostegno dei media locali, si affida ai meccanismi di concorrenza piuttosto che a regolamenti di copyright.

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