mercoledì 1 marzo 2023
Il missionario clarettiano era stato sequestrato il 7 febbraio mentre andava alla parrocchia di cui è vicario, in una zona in mano alle gang criminali
Haiti, padre Noah è tornato in libertà. È riuscito a sfuggire ai rapitori

REUTERS

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È riuscito a sfuggire dalle mani dei propri sequestratori. Così, il 17 febbraio, è tornato libero padre Antoine Macaire Christian Noah, religioso clarettiano rapito dieci giorni prima a Port-au-Prince. A dare la notizia, ieri, come riporta l’agenzia Fides è stato padre Fausto Cruz Rosa, superiore maggiore dei missionari clarettiani nelle Antille.

Quest’ultimo ha detto che il sacerdote, originario del Camerun, è stato portato in Repubblica Dominicana e sta bene. Padre Noah era stato preso mentre attraversava la periferia nord della capitale, diretto alla comunità di Kazal. Là si trova la parrocchia di San Michele Arcangelo di cui è vicario.

Nella seconda metà di gennaio, però, l’area è stata conquistata dalla gang Izo, una delle centinaia che controllano oltre il 70 per cento di Port-au-Prince. Il religioso sapeva di attraversare una “zona rossa” ma non voleva lasciare soli i fedeli. Non è stato detto se a catturarlo sia stata la banda Izo o qualche altra rivale.

Ad Haiti, ormai, i sequestri sono la drammatica quotidianità. Se ne contano, in media, cinque al giorno. Tutti sono a rischio. Inclusi sacerdoti, suore e missionari, fino a poco tempo fa intoccabili dato il rispetto di cui godono agli occhi della popolazione. I rapimenti sono il principale mezzo di finanziamento delle bande armate, insieme all’estorsione.

Per il rilascio del missionario clarettiano avevano chiesto una «ingente somma di denaro», secondo quanto riferito da padre Fausto. La fuga dell’ostaggio, però, ha mandato all’aria i loro piani criminali. Le gang sono un fenomeno storico nell’isola: fin dai tempi della dittatura di Duvalier, i politici foraggiavano milizie private per garantirsi potere e consenso.

Negli ultimi anni, però, le gang sono diventate autonome. E, nel vuoto istituzionale, seminano una violenza intollerabile perfino per gli assurdi livelli haitiani.

A ottobre, il premier Ariel Henry – che ha preso il comando dopo l’assassinio del presidente Jovenal Möise, nel 2021 – ha chiesto un intervento armato dell’Onu in sostegno alla polizia nazionale. Una proposta sostenuta dallo stesso segretario generale, Antônio Guterres.

Finora, però, le Nazioni Unite hanno preso tempo anche per le polemiche che suscita l’idea di una forza internazionale dopo le controverse esperienze precedenti. Usa e Canada, da qualche mese, stanno impiegando il sistema delle sanzioni nei confronti di politici e imprenditori accusati di finanziare le bande. Finora Washington ha imposto restrizioni a dodici persone di spicco mentre le autorità canadesi ne hanno sanzionato diciassette. E il segretario di Stato Antony Blimken ha annunciato un’ulteriore stretta. La violenza, però, prosegue. «Haiti è un incubo ad occhi aperti», ha detto l’Alto commissario Onu per i diritti umani, Völker Turk durante il recente viaggio nel Paese.


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