mercoledì 28 gennaio 2009
Dopo le parole di distensione di Obama, che ha scelto «al-Arabiya» per la sua prima intervista e ha parlato di un «islam amico», la risposta intransigente di Ahmadinejad: «Chieda scusa e non sostenga più Israele».
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    Il messaggio non poteva essere più chiaro. Barack Obama concede la prima intervista televisiva dalla Ca­sa Bianca a una rete araba, al-Arabiya. E ripete che «gli americani non sono il ne­mico » del mondo musulmano. E una set­timana dopo aver promesso rapporti ba­sati su «l’interesse comune e il reciproco rispetto» con l’islam durante il suo discorso d’insediamen­to, il nuovo presidente ribadi­sce la sua volontà di costrui­re un nuovo ponte di com­prensione con il mondo mu­sulmano moderato, che fun­zioni anche da barriera anti­estremisti. E promette un im­pegno serio in Medio Orien­te, dove è determinato a ve­dere «progressi concreti», anche nelle relazioni con l'Iran.L'Iran: «Gli Usa chiedano scusa e rompano con Israele». Immediata la risposta del Paese, che non abbandona i toni aggressivi e intransigenti: se quello che il nuovo presidente americano Barack Obama vuole è "un vero cambiamento", ha dichiarato oggi il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, lo deve dimostrare «mettendo fine al sostegno dell'illegale e falso regime sionista», cioè Israele, e «chiedendo scusa e risarcendo l'Iran per le interferenze americane degli ultimi 60 anni». Successo di Obama sui siti web musulmani. La chiacchierata di Obama con i gior­nalisti della diffusissima emittente ha toccato però nel segno. Grazie a un misto di mea culpa già ammessi (gli «Sta­ti Uniti hanno compiuto errori»), assi­curazioni di cambiamento («avrò un ap­proccio diplomatico più aperto del mio predecessore») e note personali (il ricor­do dell’adolescenza in Indonesia, il più popoloso Paese musulmano, dove vuo­le «tornare presto»), Obama ha fatto il pieno di commenti positivi sui siti web musulmani più popolari. «Il mio obiettivo con il mondo musul­mano è comunicare che gli americani non sono il vostro nemico. Qualche vol­ta facciamo errori, qualche volta non sia­mo stati perfetti – ha sottolineato –. Ma se guardiamo al percorso compiuto, l’A­merica non è nata come un potere colo­niale, e non c’è ragione per cui non pos­siamo recuperare lo stesso rispetto e la stessa collaborazione che avevamo ven­ti o trenta anni fa». D'altra parte il tono conciliatore del neopresidente, che «vale per tutti i Paesi islamici», è legato al patto che venga ri­cambiato da altrettanta disponibilità a «dischiudere il pugno» – un riferimento che Obama ha fatto proprio all’Iran. La nuova politica Usa in Medio Oriente. Intanto il nuovo inviato speciale per il Medio Oriente, l’ex senatore George Mitchell, iniziava la sua missione di otto giorni in Terra santa (con soste a Londra e Parigi), un altro “primo atto” dell’Amministrazione Obama che ha generato forti attese nel mondo ara­bo. Mitchell, che ha fatto con successo da mediatore del processo di pace in Irlan­da del Nord per Bill Clinton, ieri è arrivato in Egitto e oggi si sposterà in Israele, quin­di in Cisgiordania, Giordania e Arabia Saudita. Le istruzioni che ha ricevuto dal suo nuovo capo sono «prima di tutto di ascoltare», ha rivelato lo stesso Obama, «perché troppo spesso gli Stati uniti han­no cominciato con il comandare». «Non possiamo dire né agli israeliani né ai pa­lestinesi cosa è meglio per loro: essi de­vono prendere alcune decisioni – ha sot­tolineato il comandante in capo delle for­ze Usa –. Ma credo davvero che sia ma­turo il tempo perché entrambe le parti capiscano che il percorso che hanno im­boccato non è quello che può portare al­la prosperità e sicurezza per i loro popo­li ». Mitchell, ha assicurato il presidente, si impegnerà «energicamente e consisten­temente » nel raggiungere risultati con­creti per la pace, ma non per questo, ha ricordato agli spettatori di al-Araybia, rinnegherà il diritto dello Stato ebraico a difendere se stesso. Affermazione sottolineata più tardi dal segretario di Stato Hillary Clinton, che ha ribadito come i lanci di razzi palesti­nesi contro Israele «non possono essere ignorati»: «Purtroppo i leder di Hamas sembrano essere convinti che sia nel lo­ro interesse provocare il diritto all’auto­difesa piuttosto che creare un miglior fu­turo per la gente di Gaza», ha aggiunto il nuovo capo della diplomazia america­na, promettendo che, con il nuovo pre­sidente, «molti danni dell’Amministra­zione precedente verranno riparati». O­bama ha infine messo in guardia l’opi­nione pubblica araba dall’attendersi ri­sultati troppo rapidi in Medio Oriente: «Voglio chiarire che le aspettative non devono essere tali da voler veder risolta la questione in pochi mesi». Obama nell’intervista ad «al-Arabiya»
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