venerdì 10 ottobre 2014
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Ha conosciuto il carcere, le intimidazioni, la frustrazione di lottare contro nemici potentissimi. Ma in trent'anni ha raggiunto traguardi impensabili: ha liberato dalla schiavitù - letteralmente - migliaia di bambini: oltre 83mila secondo il "contatore" presente nel sito web della sua organizzazione. Li ha strappati dai telai, andandoli in moltissimi casi a cercare nei dormitori delle fabbriche di tappeti o di mattoni dove di giorno si schiantavano di fatica, insieme con un manipolo di attivisti che agivano contro gli usi e le tradizioni, talvolta contro le leggi. Questo manipolo è diventato negli anni un'associazione riconosciuta a livello internazionale, ascoltata all'Onu, Bachpan Bacao Andolan. L'ultimo blitz in una fabbrica solo pochi giorni fa, il 30 settembre, quando 22 bambini sono stati riconsegnati alla libertà.Kailash Satyarthi, 60 anni compiuti a gennaio, due figli, ha dedicato il Nobel per la pace a loro: "È un onore per tutti quei bambini che stanno ancora soffrendo a causa della schiavitù, del lavoro forzato e del traffico di minori», ha detto alla Cnn un minuto dopo l'assegnazione dell'onorificenza, condivisa con la giovanissima Malala. Grazie al suo lavoro, iniziato nell'India degli anni Ottanta, cominciò ad emergere pubblicamente il fenomeno dello sfruttamento minorile e gradualmente vennero a galla le scandalose condizioni di lavoro di milioni di bambini, soprattutto nel suo continente, l'Asia, ma non solo. Satyarthi, che per questa battaglia epocale ha lascito una carriera da ingegnere elettronico, all'inizio degli anni Novanta ha organizzato la "Global March" contro il lavoro minorile, che arrivò in tutto il mondo, anche in Italia, fino all'Onu, il Centro Internazionale sul Lavoro minorile e l'Educazione, una sorta di federazione di ong, insegnanti e sindacalisti, e la Global Campaign for Education. L'attenzione per l'istruzione come antidoto alla miseria e allo sfruttamento è ciò che lo accomuna alla giovane Malala, anche lei un prodotto di quell'Asia che non si vuole arrendere e che vuole provare a cambiare. E le cose iniziarono a cambiare quando Satyarthi faticosamente riuscì a imporre ai distributori il marchio Rugmark, ora conosciuto come Goodweave: un "certificato" etico ante litteram, che garantiva ai consumatori occidentali che nessun bambino aveva piagato le sue dita intrecciando quei tappeti. Non fu facile, all'inizio degli anni Novanta, ma grazie anche a Satyarthi quella preoccupazione si è diffusa poi alla produzione di scarpe, vestiti, palloni di cuoio, componentistica. Molta strada resta da fare per tenere lontano i bambini dallo sfruttamento, ma il nuovo Premio Nobel ha già portato il mondo un pezzo avanti. 

Qui di seguito il video-manifesto di Kailash Satyarthi contro il lavoro minorile tratto dal suo sito :

 

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