martedì 8 novembre 2022
Nella città liberata un mese fa dagli invasori, gli abitanti si sottopongo al test per il codice genetico che sarà confrontato con quello dei 450 corpi scoperti nel bosco. Le storie dei parenti
Le fosse comuni trovate a Izyum con 450 corpi senza nome

Le fosse comuni trovate a Izyum con 450 corpi senza nome - Ansa

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«Voglio solo sapere se mio figlio è vivo o morto». Ludmilla aspetta il suo turno davanti all’anonimo cancello di un parcheggio commerciale. Intorno i condomini hanno ancora i vetri rotti alle finestre. Le hanno detto di presentarsi dietro il negozio di ferramenta Budgam al civico 46 di via Nezalezhnosti per cercare la risposta che non trova al suo tormento. «Da maggio non so più nulla di Edvard», sussurra mentre si avvicina al poliziotto che le chiederà di ripercorrere la sua storia, prima di entrare nella tenda dove la attendono un medico e un’infermiera. Le inseriranno un tampone in bocca per raccogliere il suo Dna. E lo confronteranno con quello dei 450 cadaveri trovati nella fossa comune poco distante.


È il giorno della speranza a Izyum. E del dolore. La città martire a metà strada fra Kharkiv e Donetsk, distrutta dalla furia del “nemico” e liberata poco più di un mese fa dall’esercito ucraino, si mette in fila per tentare di dare un nome ai morti dell’occupazione russa che i soldati di Mosca avevano fatto scomparire in un fazzoletto di bosco. Con il codice genetico. «C’è bisogno di capire che cosa è accaduto. Per la giustizia e per le famiglie», spiega il portavoce dell’ufficio del procuratore regionale di Kharkiv, Dmytro Chubenko. Si deve ai pubblici ministeri locali l’operazione “Generalità” che ha fatto arrivare un laboratorio mobile donato dalla Francia fra gli scheletri anneriti delle palazzine rimaste in piedi e fra i ruderi dei casermoni rasi al suolo dalle bombe di Putin.

Il test del Dna a Izyum per dare un nome ai 450 corpi trovati nelle fosse comuni

Il test del Dna a Izyum per dare un nome ai 450 corpi trovati nelle fosse comuni - Gambassi

C’è chi spera come Ludmilla. «Era un volontario di guerra, il mio Edvard. I russi avevano fatto irruzione a casa per intimargli di consegnare le armi, ma non ce n’erano. Poi, chissà perché, un missile è piombato sul tetto. Un amico mi ha detto che era in soggiorno quando tutto è esploso. Ma il corpo no, non l’ho mai trovato in mezzo alle macerie». Da una parte, il cuore le fa dire che può essere fuggito magari qualche ora prima. Dall’altra, la ragione sembra suggerirle l’ipotesi più plausibile che i soldati russi abbiano rimosso il cadavere, come spesso accadeva con quelli lasciati lungo le strade della città “prigioniera”, e l’abbiano gettato nel cimitero-cratere. «Devo togliermi ogni dubbio», sospira la donna. «Intanto mi prendo cura dell’altro figlio ricoverato in ospedale. Si era arruolato e ha perso una gamba per uno scontro a fuoco».

La signora Ludmilla che da maggio sta cercando il figlio

La signora Ludmilla che da maggio sta cercando il figlio - Gambassi

C’è, invece, chi chiede soltanto un corpo su cui piangere. «Mia madre è stata uccisa dalla scheggia di un razzo che l’ha centrata alla testa. Era in bagno quando l’ordigno è caduto vicino casa. Morta all’istante», afferma Yevhenii Fomenko. La salma è stata portata via con un numero che le avevano assegnato, ma nessuno sa dove. Un po’ come per il padre di Iulia e Dmytro che si sono fatti 570 chilometri da Kiev fino a qui per affidare alla sorte e alla scienza il Dna della famiglia. «Aveva 75 anni. Non se n’era voluto andare, anche se lo avevamo pregato di venire da noi». È morto «di freddo e di stenti a marzo», ripetono i figli. Perché l’intero comprensorio «era rimasto senza elettricità e riscaldamento. Ed era impossibile trovare il cibo». Ma anche perché «il condominio dove viveva era stato bombardato e lui non era in grado di riparare i danni dell’appartamento». Sparito nel nulla il corpo. «E dire che era nato in Russia. Aveva diciotto anni quando si era trasferito in Ucraina. E qui aveva conosciuto nostra madre».

Dmytro e Iulia il cui padre è morto di stenti a Izyum ma il corpo è scomparso

Dmytro e Iulia il cui padre è morto di stenti a Izyum ma il corpo è scomparso - Gambassi

Gli inquirenti dell’oblast sono già risaliti all’identità di una parte dei cadaveri abbandonati alla periferia della città, fra gli alberi che nascondevano la «più grande fossa comune» scoperta dall’inizio del conflitto. «Tuttavia di duecento corpi non possiamo dire niente di inconfutabile», fa sapere il portavoce della procura. E da Kharkiv si chiede persino di spedire per posta un proprio campione biologico se non si hanno notizie di qualche parente nella zona.

In coda per il test del Dna a Izyum con cui dare un nome ai 450 corpi trovati nelle fosse comuni

In coda per il test del Dna a Izyum con cui dare un nome ai 450 corpi trovati nelle fosse comuni - Gambassi

Certo, ha un non so che di disperato la caccia ai “militi ignoti” di Izyum che di militare hanno ben poco ma hanno tutto della gente comune. «Spuntano nuove ossa in continuazione», racconta Natalia Kurbenko, una delle volontarie che ha trasformato il teatro cittadino crivellato di colpi in un “presidio di aiuti” dove adesso si distribuiscono i vestiti per affrontare l’inverno. «Ieri sono stati trovati i resti di sette persone nel seminterrato di una delle nostre dieci scuole completamente distrutte. Nessuno può dire chi siano». E nessuno può dire perché fossero lì e come siano morti. «Si può pensare che avessero scelto il deposito come rifugio e che siano rimasti intrappolati quando il plesso è crollato. Ma siamo sicuri che non ci fosse là sotto una stanza delle torture?». E indica la stazione di polizia: non per gli agenti che ora proteggono le strade fantasma ma per una di quelle camere delle sevizie che i russi avevano voluto nel comando e che la guerra ha inesorabilmente legato al nome di Izyum.

Izuym, la città martire in Ucraina liberata da poco più di un mese che è stata occupata dai russi

Izuym, la città martire in Ucraina liberata da poco più di un mese che è stata occupata dai russi - Gambassi

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