giovedì 6 dicembre 2012
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GERUSALEMME. Appena pochi giorni fa aveva detto che l’Italia si sarebbe attenuta alla linea Ue. A riconferma, poco dopo Bruxelles, il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, ha convocato l’ambasciatore israeliano, Naor Gilon. In mattinata, Maja Kocijancic, portavoce dell’Alto rappresentante per la Politica estera dell’Ue, Catherine Ashton, aveva annunciato la convocazione del diplomatico israeliano sulla questione dei nuovi insediamenti tra Gerusalemme Est e Cisgiordania. Nel pomeriggio, lo ha fatto la Farnesina. L’Italia ha espresso «forte preoccupazione» e «contrarietà» per le implicazioni nei confronti del processo di pace che potrebbe avere la costruzione di 3mila nuove case e il rifiuto di Israele di versare nelle casse palestinesi le tasse riscosse. Gilon – dopo aver ribadito la delusione per il voto di molti Paesi europei all’Onu, dove si sono schierati a favore del riconoscimento della Palestina – ha detto di aver avuto con l’Italia «uno scambio come si fa fra amici». Nessuna tensione, dunque. La pressione internazionale su Israele è, comunque, forte. Sempre ieri, Ashton ha incontrato il Segretario di Stato Usa Hillary Clinton per affrontare la spinosa questione della pace in Medio Oriente. E il “pressing” sembra portare i primi, deboli, spiragli di apertura. Dopo aver ribadito che «Israele andrà avanti» e aver avviato le pratiche burocratiche per l’edificazione sul corridoio E 1, il premier Benjamin Netanyahu ha detto che Gerusalemme resta impegnata sulla soluzione «due popoli, due Stati». Poco dopo. il leader ha spiegato che Israele è pronta a negoziare sulle colonie coi palestinesi. Non, però, con la Palestina intesa come Stato riconosciuto con la status di non membro dall’Onu. Una risposta implicita alle dichiarazioni del leader di Amu Mazen che aveva definito le costruzioni «una linea rossa». Abu Mazen ha dichiarato che lotterà con ogni mezzo politico e diplomatico per fermare il piano. In particolare, il leader dell’Anp ha affermato che cercherà il sostegno del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per bloccare le nuove costruzioni. Rappresentanti palestinesi all’Onu avrebbero incontrato ieri il segretario generale Ban Ki Moon per sondare sulle possibilità di una risoluzione di condanna nei confronti di Israele. L’Anp ci aveva già provato due anni: quella volta furono gli Stati Uniti a fermare la risoluzione, ricorrendo al potere di veto. L’Anp vuole ottenere una condanna Onu. Netanyahu: disposti a negoziare col popolo palestinese Bandiera palestinese a Ramallah (Epa)
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