venerdì 19 marzo 2021
Il partito di Netanyahu è in risalita, ma, di nuovo, nessuno dei due blocchi contrapposti ha la maggioranza. E gli arabi (spaccati) potrebbero essere decisivi
Supporter del Likud di Benjamin Netanyahu al mercato Mahane Yehuda di Gerusalemme

Supporter del Likud di Benjamin Netanyahu al mercato Mahane Yehuda di Gerusalemme - Ansa

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Martedì prossimo Israele andrà alle urne per la quarta volta in meno di due anni. Ma, di nuovo, si prospetta uno stallo molto simile a quello che ha bloccato il Paese in questa sfinente (per gli israeliani) catena elettorale. Secondo gli ultimi sondaggi, il Likud di Benjamin Netanyahu è in risalita. Però i due blocchi, destra e sinistra, restano in sostanziale pareggio. L'esito del voto potrebbe dipendere soprattutto dalle scelte della destra di Naftali Bennett e del piccolo partito arabo scissionista Raam di
Mansour Abbas
. Se le proporzioni saranno confermate dalle urne, i possibili scenari sono tre: un governo di Benjamin Netanyahu a trazione totale di destra con i religiosi; un esecutivo misto destra e centro sinistra guidato ancora non si sa da chi; quinte elezioni questa estate. Il sondaggio pubblicato oggi dal quotidiano Maariv assegna al fronte Netanyahu 49 seggi (con il Likud in risalita a 30) e 57 a quello anti-premier rendendo decisivi Bennett con 10 seggi e Mansour Abbas con 4. Se entrambi andassero - ma non è detto - con Netanyahu, questi avrebbe 62 seggi, ovvero 1 in più della maggioranza di 61 su 120 alla Knesset e formerebbe il governo. Se invece Bennett optasse per il fronte anti-premier, questo passerebbe a 67: una maggioranza di altri tempi nel panorama politico israeliano odierno.

Netanyahu è stato molto abile a corteggiare l'elettorato arabo, che costituisce il 17% dei 6,6 milioni di votanti. Arrivando a spaccare il fronte elettorale (a suo vantaggio). Grandi cartelloni con il volto di Bibi e scritte in arabo che invitano a votarlo sono comparse agli ingressi delle principali località arabe di Israele. E' una svolta decisa per il Likud: ancora nel 2015 il premier aveva lanciato un appello allarmato agli elettori ebrei a mobilitarsi per bilanciare il voto arabo, temendo che avrebbe spostato a sinistra gli equilibri politici del Paese. Invece, da gennaio Netanyahu si è recato ripetutamente in località arabe grandi e piccole (incluso un villaggio beduino) per spronare la popolazione a vaccinarsi. Un atteggiamento gli ha fatto guadagnare il soprannome arabo di “Abu Yair” (ossia il padre di Yair, suo primogenito). E adesso da Facebook “Abu Yair” Netanyahu lancia in arabo messaggi quotidiani in cui promette che se sarà confermato premier nominerà ministro un membro arabo del Likud.

Monsour Abbas, leader del partito arabo Raam

Monsour Abbas, leader del partito arabo Raam - Archivio

Nelle elezioni del 2020 la popolazione araba ha votato in modo massiccio (il 65% degli aventi diritto) conquistando alla Knesset 15 dei 120 seggi con la Lista araba unita, un'eterogenea coalizione di forze nazionaliste, marxiste ed islamiche. Ma, come in passato, è stata relegata all'opposizione. Adesso da quella lista è polemicamente uscito un esponente islamico, Mansour Abbas, che ha creato una formazione propria, Raam. Non esclude una cooperazione ad hoc con il Likud in cambio di benefici pratici per gli arabi israeliani. Per loro i problemi più assillanti sono le ripercussioni economiche della pandemia e una grave ondata di criminalità che ne è seguita.Netanyahu ha promesso che investirà nella società araba e che riporterà nelle sue città ordine, serenità e prosperità.


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