martedì 22 ottobre 2019
La decisione era stata presa dal Parlamento di Londra, visto che il governo di Belfast è bloccato dal gennaio 2017. Le norme saranno operative dal 2020
Manifestazione pro life in Iralnda del Nord

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L'aborto è una violazione del prezioso diritto alla vita. E il diritto alla vita non viene concesso da nessuna legge o governo. Ogni legge umana che rimuove il diritto alla vita è ingiusta e deve trovare la resistenza di ogni persona, di ogni votante e di ogni rappresentante politico».

Sono determinati i vescovi del Nord Irlanda. Il giorno dell’entrata in vigore della depenalizzazione dell’aborto usano parole dure nei confronti soprattutto di chi lunedì scorso ha impedito che andasse in porto l’estremo tentativo di non farsi imporre una decisione così pesante dal Parlamento britannico e di lasciarla in mano ai cittadini. E ai loro rappresentanti. Tutto parte da un emendamento presentato dai laburisti a luglio e inserito con una approvazione a larga maggioranza nella maxi-legge sul Nord Irlanda approvata da Westminister secondo cui se il Parlamento di Stormont non avesse ripreso i lavori – fermi dal gennaio 2017 – entro il 21 ottobre il governo centrale avrebbe fatto passare sia l’aborto che il matrimonio egualitario. Dalla mezzanotte sono cadute così le restrizioni imposte dalla legge nazionale sull’aborto e sui matrimoni gay.

Così, in un tentativo estremo di scongiurare questa decisione nella mattinata di lunedì si sono presentati al Parlamento di Belfast tutti i partiti di area unionista, in testa il Dup, da sempre contrario alla depenalizzazione dell’aborto. Sul fronte nazionalista era presente solo l’Sdlp. I parlamentari hanno sfilato per i corridoi, raggiunto l’aula in cui sono rimasti fino alla verifica da parte dello speaker che non era possibile procedere, perché dai trattati di pace in poi vige il cosiddetto “power sharing”, ovvero il “governo condiviso”. E Sinn Féin, la componente repubblicana di maggioranza, che si è sempre espressa a favore dei cosiddetti diritti civili, non c’era. Anzi, ha bollato la scelta del Dup come uno «stratagemma» ad hoc.

Secondo i vescovi non è stato così, ed è «profondamente offensivo» affermarlo «per una questione di così fondamentale importanza. La vera realtà delle cose – proseguono – è che i nostri rappresentanti locali hanno avuto tutto il tempo per evitare l’entrata in vigore della legislazione draconiana di Westminister, passata sopra le teste dei cittadini senza che la potessero decidere».

Il segretario di Stato per il Nord Irlanda, Julian Smith ha intanto confermato che la legge sarà pronta entro aprile 2020 e che l’iter legislativo inizierà a gennaio. Al momento è già in vigore la depenalizzazione dell’interruzione di gravidanza fino alla ventottesima settimana di gestazione cosa che fa gridare ai vescovi allo scandalo di uno dei regimi «più liberali e deregolamentati del mondo». La leader Dup Arlene Foster ha definito la giornata di ieri «vergognosa» ed ha promesso che il suo partito studierà il modo per abrogare la nuova legge, mentre trentuno parlamentari di Westminister, capeggiati dalla baronessa Nuala O’Loan, figura di spicco a Belfast ed ex difensore civico, hanno firmato una petizione sottoscritta anche da altre 30 mila persone che chiede di abrogare la legge. Per i pro choice, Amnesty International in testa la giornata di ieri invece è stata «storica».

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