giovedì 1 dicembre 2011
Dopo l'assalto all'ambasciata inglese a Teheran, Bruxelles ha deciso un ulteriore giro vite contro l'Iran e Roma ha richiamato "per consultazioni" il nostro ambasciatore. I ministri degli Esteri dei 27 hanno allargato a 39 persone e 141 compagnie il congelamento dei beni e dei fondi e il divieto di ingresso.
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​Bruxelles decide un ulteriore giro vite contro l'Iran e Roma richiama "per consultazioni" l'ambasciatore a Teheran. I ministri degli Esteri dei 27 hanno allargato a 39 persone e 141 compagnie il congelamento dei beni e dei fondi e il divieto di ingresso e decideranno entro la prossima riunione ministeriale di gennaio se imporre sanzioni anche al settore energetico, finanziario e dei trasporti della Repubblica islamica.La decisione è arrivata 48 ore dopo l'assalto all'ambasciata britannica a Teheran e in seguito al rapportodell'Aiea del 8 novembre che aveva avanzato forti sospetti su un avanzamento della repubblica islamica verso la costruzione di un'arma nucleare. Il passo diplomatico italiano è stato annunciato dal ministro degli Esteri, Giulio Terzi: servirà, ha detto, per un "doveroso approfondimento con il nostro diplomatico". Poche ore prima, alla Farnesina era stato convocato l'incaricato d'affari iraniano a Roma, Mehdi Akouchekian, a cui è stata manifestata la condanna, da parte del governo italiano, del "gravissimo e assolutamente intollerabile" attacco all'ambasciata britannica.Teheran, però, non sembra voler stemperare le tensioni: con una mossa che è parsa provocatoria, sono già stati rilasciati gli 11 manifestanti arrestati in relazione all'attacco alla rappresentanza britannica. Il rilascio èavvenuto mercoledì sera, quindi dopo appena 24 ore. L'ala dura del regime è tornata alla carica con AliLarijani, presidente del Majlis, il Parlamento di Teheran. Larijani ha bollato come "ingiustificabili" le iniziative"contro la Nazione iraniana". "Quanto ancora dovremo sopportare la presenza dei britannici in Iran, dove interferiscono negli affari attinenti gli interessi nazionali, e commettono atti di tradimento contro il nostro popolo"?", si è chiesto polemicamente.Sullo sfondo della crisi permane lo spettro di un blitz militare israeliano. Il ministro della Difesa, Ehud Barak, ha ribadito che lo Stato ebraico "non ha alcuna intenzione di passare all'azione", ma soltanto "per ora". Secondo Barak, "può arrivare un momento o l'altro in cui siamo costretti ad affrontare una prova": anche perchè, ha  sottolineato, "lo Stato d'Israele non è certo paralizzato dalla paura". Quanto alla divergenze con gli Usa, che temono di non essere neppure informati preventivamente di un eventuale raid, Barak ha voluto ricordare che "Israele è una nazione sovrana, e che sono il governo, le forze armate e i servizi segreti, nonaltri, a essere responsabili della sicurezza, del futuro e della stessa esistenza".
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