sabato 30 novembre 2019
Intervista ad Avvenire della neo presidente della Commissione Europea: dal clima ai migranti. La sfida del Green Deal per rilanciare le nostre capacità tecnologiche nel mondo
Von der Leyen: «L'Europa deve ripartire. Fiducia nell'Italia»
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Pronta a partire, piena di entusiasmo. Con un’idea fissa: dare all’Europa la leadership tecnologica del futuro all’insegna dei grandi valori. La neo presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen confortata dall’ampia maggioranza ricevuta in plenaria al Parlamento Europeo, accoglie il giornalista di Avvenire, della tedesca Frankfurter Allgemeine, dello spagnolo El Mundo, del danese Politiken, del finlandese Helsingin Sanomat, per una prima chiacchierata in vista dell’insediamento domani. «Ho avuto una maggioranza europeista del 65% dei seggi – dice – senza contare i verdi, che sono pro-europei e si sono astenuti. Ecco, noi pro-europei abbiamo un’agenda positiva che punta alla riconciliazione e all’unificazione. Invece i nazionalisti, che hanno l’intenzione di dividere e distruggere l’Unione Europea, si definiscono solo attraverso i loro nemici. Noi abbiamo solo amici, da Praga ad Atene, da Stoccolma a Lisbona» .

Già, ma i nazionalismi sembrano in ascesa...

E invece se si guarda a quanto accaduto nell’ultimo periodo, si vede che i movimenti nazionalisti, populistici, distruttivi, hanno perso la loro voce. Penso soprattutto ai giovani, che sono massicciamente per l’Europa, ed è una cosa fantastica. I giovani sanno esattamente che l’Europa è il loro futuro, e stanno lottando per l’Europa. Ci chiedono di lasciar loro in eredità un’Europa umana e prospera come quella che hanno lasciato alla mia generazione i nostri genitori. È tempo di assumerci le nostre responsabilità, difendendo un’Unione dedicata alla dignità degli esseri umani, che rispetta e attua lo Stato di diritto, che ha una profondissima esperienza di che cosa significhi la libertà.

Se guarda all’Italia, vedrà che c’è molto malcontento. Tanti pensano che l’Europa non porti vantaggi, o addirittura danneggi il Paese. Come conferma l’oltre 30% dei sondaggi per la Lega...

I nostri amici italiani sono membri fondatori di questa magnifica idea di un’Europa unita. L’Europa non è un concetto astratto, distante, ma dipende da noi, da quello che vogliamo farne. E l’Italia è l’Europa, gli italiani sono non solo necessari, ma sono decisivi per plasmare la nostra Unione. Ecco perché dico che per me è essenziale ascoltare la voce degli italiani sull’Europa. Del resto, ci sono vantaggi evidenti a esser parte dell’Unione.

Quali?

Guardiamo alle grandi sfide mondiali, dalla migrazione al cambiamento del clima, alla digitalizzazione, alle sfide geopolitiche. Insieme siamo una superpotenza di 500 milioni di abitanti, cosa che nessuno Stato membro da solo può essere.

E se nel 2020 elezioni anticipate dovessero portare Matteo Salvini alla guida del governo italiano? La spaventa la prospettiva?

È la democrazia.

Parlava di migrazione, è proprio uno dei punti dolenti, con l’Italia che si è sentita lasciata sola...

Una cosa è certa: noi europeisti dobbiamo mostrare che l’Europa fa una differenza positiva, ha un plusvalore. E lo possiamo fare solo portando risultati concreti sui grandi temi di cui l’Europa è responsabile. E risolvere lo stallo sulla migrazione, trovando un concetto in cui l’Europa può mostrare che con i suoi valori può indicare la strada, è un modo. Per questo ho detto che sulla migrazione abbiamo bisogno di una vera ripartenza, e già ora il vicepresidente Margaritis Schinas e il commissario agli Affari Interni Ylva Johansson hanno cominciato a visitare uno Stato membro dopo l’altro, per ascoltare le diverse posizioni e i diversi obiettivi. La mia esperienza, parlando con i capi di Stato e di governo, è che siamo tutti stanchi di questo stallo. Per questo tra le fine del primo trimestre e l’inizio del secondo trimestre del 2020 presenteremo un nuovo cammino sulla migrazione. Sarà un concetto ampio che include tutte i diversi aspetti della questione.

Oltre alla migrazione, c’è l’economia. Avrà seguito il dibattito in Italia sulla riforma del Mes, e in genere sul nostro debito pubblico. Lei è preoccupata? Servirà una ristrutturazione?

Io posso solo dire che apprezzo e anzi plaudo agli intensi sforzi del governo italiano per lavorare verso finanze pubbliche sane, vedo una grande serietà. In linea di principio rispetto che ogni governo deve poter scegliere la propria via, purché sia nella giusta direzione.

Dunque nessuna preoccupazione?

Sono convinta che il governo italiano assumerà tutta la sua responsabilità, è quello che sto vedendo e sentendo.

Concederà ulteriore flessibilità sui conti pubblici italiani?

È nell’interesse comune e dei singoli Stati membri avere finanze pubbliche sane. Ma riconosciamo anche la necessità, all’interno delle regole del Patto di stabilità, di avere sufficiente flessibilità per gli investimenti. Soprattutto quelli per il futuro, come quelli verdi.

Parlando di investimenti verdi, Lei ha messo in cima alle sue priorità la lotta al cambiamento climatico. È così?

Sì. Il Green Deal Europea è, insieme al Digitale, la questione più importante. Certamente è un progetto molto ambizioso e complesso, ma non abbiamo scelta, va fatto. Perché, come ho detto più volte, non abbiamo tempo da perdere. Agire è nell’interesse nostro e dei nostri figli. Se non agiremo, i costi saranno ancora più elevati, non solo in termini di soldi ma anche di qualità della vita.

Ha messo l’accento anche sul risvolto positivo in termini economici, di crescita...

Certo, come spiegheremo nella comunicazione sul Green Deal che approveremo entro fine anno, in cui illustreremo la tabella di marcia per i prossimi cinque anni. Se lo facciamo nel modo giusto, sarà un enorme stimolo per la crescita, l’Europa diventerà per tutti un esempio che si può al tempo stesso combattere le emissioni ed essere competitiva. Io voglio un’Europa che sia esportatrice delle nuove tecnologie in tutto il mondo, e che non sia la Cina il numero uno sul mercato. Avremo bisogno di fondi pubblici nazionali ed europei, ma anche di capitale privati, con l’effetto leva della Bei.

Una nota personale: fu stupita di esser stata scelta per la presidenza della Commissione Europea?

Eccome! Fui più stupita di tutti quando fui contattata il primo luglio, esattamente cinque mesi prima della mia entrata in funzione. Per me è come tornare a casa: io sono nata a Bruxelles (il padre era alto funzionario alla Commissione europea ndr), ho frequentato la scuola europea, ero abituata a questo meraviglio miscuglio di lingue diverse. Tanto diverse quanto il sentimento di essere tutti europei.

Che cosa significa per l’Europa avere, per la prima volta in cinquant’anni, un presidente di Commissione tedesco?

Onestamente la Germania è talmente parte dell’Unione Europea che non ci vedo niente di eccezionale. Quello che posso sottolineare è la passione con cui la Germania del Dopoguerra ha insistito che il suo futuro e quello dell’Europa coincidono. Un esempio concreto è mio padre, che era nato nel 1930, ha vissuto gli orrori della fine della guerra. Per tutta la sua vita ha visto per la Germania una sola speranza: l’Europa.

CHI È. Tedesca di Bruxelles e madre di 7 figli

Ursula von der Leyen, cittadina tedesca, è nata proprio a Bruxelles, da dove ora guiderà la Commissione Ue, nel 1958 come Ursula Albrecht in una famiglia di sette bambini, è figlia di Ernst Albrecht, allora alla Commissione Europea, e divenuto poi ministro presidente della Bassa Sassonia. Laureata in economia e sposata dal 1986 con Heiko von der Leyen, con cui ha avuto sette figli, comincia la sua carriera politica nel 2002 nella Cdu. Nel 2005 è nel primo governo di Angela Merkel di cui, fino al 2013, fu considerata «delfina» e con cui resta fino alla sua nomina alla Commissione Europea.

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