venerdì 21 settembre 2012
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Dopo studi approfonditi di fisica e teologia, Ghaleb Bencheikh è divenuto presidente in Francia della Conferenza mondiale delle religioni per la pace. Figlio di un ex grande rettore della Moschea di Parigi, è una delle figure più in vista dell’islam d’Oltralpe: grazie ai suoi saggi, fra cui una coraggiosa «Lettera aperta agli islamisti», ma pure come animatore di trasmissioni tv.  Come giudica il clima di queste ore in Francia, dopo la pubblicazione delle vignette?È una vicenda incresciosa sotto diversi aspetti. Occorre ricordare che l’innesco, anche in Francia, è legato all’ormai famoso film, in sé spregevole ma pure insignificante sul piano artistico, che intendeva sfruttare l’11 settembre. Sfortunatamente, ci sono state frange musulmane francesi, fra le più radicali ma non solo, che hanno abboccato, reagendo in modo eccessivo e senza intelligenza. Ciò che rimpiango è proprio questa reazione priva di temperanza, pazienza, intelligenza, misericordia, le quali sono virtù islamiche, essendo valori d’Abramo. È stata una prova di povertà intellettuale, disorientamento culturale, mancanza di ritegno e dignità nell’avversità. Poi, le vignette...Sì, ma sullo sfondo di un’eccitazione mediatico-politica attorno a questi gruppuscoli di poche centinaia di persone, fra cui i 150 arrestati. In gran parte, giovani sfaccendati delle banlieue, spesso aizzati da brancaleoni a loro volta strumentalizzati. Gente che non rappresenta la maggioranza dei musulmani francesi. Certo, in questa maggioranza molti sono rimasti scioccati dal film, ma ciò non li ha spinti a manifestare. Nel Paese, è montata la panna mediatica e Charlie Hebdo ha preso la scia.   In nome della libertà d’espressione...Alla quale anch’io sono visceralmente legato. E senza «ma». Penso che non sia un problema dei musulmani, ma di Charlie Hebdo, se non sa coniugare libertà d’espressione e senso di responsabilità. I valori islamici devono restare al di sopra di ciò che può sembrare infamante. Altrimenti, chiunque potrebbe lamentarsi del ruolo negativo affibbiato ai musulmani in tanti testi letterari storici letti a scuola.Lei parla di giovani strumentalizzati. Anche da lontano?Non ho informazioni dettagliate su quelli arrestati. Ma è probabile che alcuni siano stati strumentalizzati attraverso Internet o le tv satellitari. Ma ciò si abbina pure a una cattiva comprensione della tradizione islamica, a frustrazioni, a una certa foga di battersi. Nel caso di Charlie Hebdo, credo ferisca pure l’idea di un filone mercantile lucroso sulle spalle dei musulmani. All’interno della comunità musulmana, chi deve promuovere la resistenza morale di cui lei parlava?È una questione chiave. Le attuali gerarchie musulmane in Francia non mi sembrano all’altezza delle poste in gioco. Prima d’immaginare denunce giudiziarie, occorre costruire una resistenza morale, spirituale ed etica. La provocazione che si subisce è pure una prova, innanzitutto spirituale. Il dialogo interreligioso può contribuire a sminare il terreno?Sì, più che mai. Un dialogo sereno, sincero, leale, oggettivo e rispettoso può nutrire la speranza di tanti. In proposito, non si vedono manifestazioni musulmane ad esempio per la sorte dei cristiani perseguitati in Medio Oriente...È così. Sono il primo a dire che i musulmani che paiono oggi tentati di manifestare contro delle vignette sarebbero ben più credibili se avessero in passato manifestato pure per la sorte di qualsiasi altra minoranza nel mondo, a cominciare dai cristiani nello stesso mondo musulmano.         
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