sabato 3 giugno 2023
Darya Kasyanova di SOS Children’s Villages: «Nelle aree occupate e poi liberate, i tanti mandati nei campi estivi non sono più tornati. Ore di pullman per raggiungerli»
Nonna Vera riabbraccia sua nipote Veronica, 14 anni, trattenuta per oltre un anno in Russia

Nonna Vera riabbraccia sua nipote Veronica, 14 anni, trattenuta per oltre un anno in Russia

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Tenta di rintracciarli in Russia e nei territori occupati, li identifica e se padri e madri non ci sono più, morti per la guerra o detenuti nelle carceri russe, assiste nonne, zie, sorelle affinché possano oltrepassare il confine per riprendersi i bambini. Ad ogni missione affronta sempre nuovi ostacoli, burocratici e di logistica, che le autorità russe mettono sulla sua strada, per renderla più tortuosa. Darya Kasyanova di SOS Children's Villages è riuscita a riportare a casa ottantaquattro minori ucraini. Sono 371 quelli ricondotti nel Paese da altre organizzazioni. Un ristretto gruppo, se paragonato ai 19.500 che il governo di Kiev considera ufficialmente deportati, anche se le stime sono vertiginosamente più elevate, con Mosca che ammette l’«evacuazione» per «sicurezza» di 744mila bambini. «Ogni storia è diversa dalle altre» spiega in videochiamata Darya Kasyanova.

«Ci siamo confrontati con gli esperti della Corte penale internazionale (Cpi) e quelle di cui ci stiamo occupando sono deportazioni». Proprio la Cpi il 17 marzo ha emesso un mandato di arresto nei confronti di Vladimir Putin accusato di essere «responsabile del crimine di guerra di deportazione e trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle zone occupate dell’Ucraina». Uno dei casi più recenti seguiti da Darya Kasyanova, questa volta con il Child Rights Network, è quello di Veronica, 14 anni. All’inizio dell’invasione, per fuggire dai bombardamenti sulla regione di Kharkiv, con sua zia si era diretta « verso l’unica via possibile dove trovare riparo dai missili di Mosca, cioè nella Federazione Russa», ha dichiarato la madre Nina, intervenendo a un evento del Consiglio di sicurezza Onu. Per oltre un anno Veronica è rimasta bloccata in Russia. Per sua madre, che fa parte delle forze armate ucraine, varcare il confine avrebbe significato l’arresto. È stata la nonna Vera ad andare a riprenderla.

Per lei, il Child Rights Network ha curato la logistica e ha contattato il ministero per la Reintegrazione. Dal lato russo, i rappresentanti dell’Ombudsman (difensore ci-vico) hanno incontrato la nonna. A maggio finalmente Veronica è stata lasciata uscire dalla frontiera con la Lettonia, per poi rientrare in Ucraina. Talvolta i viaggi sono tortuosi e sfiancanti. « In un caso sono servite 50 ore di bus, più 6 di discussione con l’Fsb, i servizi d'intelligence russi. In un altro, condotto da un nostro partner, la nonna di una bambina trattenuta in Crimea è deceduta nel tragitto. Si tratta di percorsi frenetici, pieni di nervosismo». E anche costosi, perché si transita da Paesi terzi, come Polonia, Finlandia, Estonia, Lettonia. «Ci sono bambini che da Mariupol, morti i genitori, sono finiti a Donetsk o in Russia», prosegue l’attivista. « Nelle aree occupate da Mosca, poi liberate, i minori mandati nei campi estivi russi non sono più tornati dopo l’avvicendamento militare. Ci hanno passato l’inverno, in ambienti non idonei a temperature rigide». I genitori hanno riferito che a fare pressione per la partecipazione dei figli erano stati i soldati russi. «Quando la sorella di un teenager della regione di Kherson è giunta in Russia per prelevarlo dal campo estivo, lui era già stato dato in affido a una famiglia». Ci sono poi i minori sottratti da orfanotrofi e case di cura. «Come è accaduto a Kherson a bambini fino ai 3 anni trasferiti a Sinferopoli, in Crimea. Di alcuni so per certo che non sono orfani». Le famiglie vengono divise anche durante le «filtrazioni », operazioni di controllo con cui l’esercito russo verifica identità e legami con le truppe di Kiev.

«Abbiamo assistito un padre vedovo con tre bambini, in carcere a Mariupol dopo la filtrazione. I figli sono finiti a Mosca». Di fronte all’immane lavoro che attende lei e i suoi colleghi, chiediamo a Darya Kasyanova quali aspettative siano riposte nello sforzo annunciato dalla Santa Sede sul fronte del rimpatrio dei minori. «Speriamo che il Vaticano possa diventare parte negoziale per il ritorno di orfani e bambini ucraini con genitori in cattività». D’altra parte, come la mamma di Veronica ha dichiarato nella sua testimonianza all’Onu: «Con chi, se non con una madre, e dove, se non a casa propria, un bambino dovrebbe sentirsi al sicuro?».

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