giovedì 15 ottobre 2015
​La Fondazione Paoletti garantisce supporto agli operatori della Casa do Menor che accoglie oltre mille bimbi soli di Rio.
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«Non disperare pensando che l’umanità non cambia. Concentrati sui singoli uomini. I singoli uomini possono cambiare». Questo disse Patrizio Paoletti a Elena Perolfi la prima volta che partì per il Brasile: era il 2013. All’epoca, la Fondazione Paoletti aveva accolto con entusiasmo la richiesta di aiuto di don Renato Chiera e della sua Casa do Menor e Elena Perolfi si accingeva ad avviare il lavoro. La struttura, creata 29 anni fa a Nova Iguaçu, alla periferia di Rio de Janeiro, rappresenta l’unica alternativa alla strada per oltre mille ragazzini abbandonati, i cosiddetti “meninos da rua”. Tanti, eppure una goccia nel mare brasiliano: il popolo dei minori senza casa sfiora i sette milioni, due volte la popolazione di Roma. L’80 per cento delle volte sono figli di dipendenti da crack, troppo prostrati dalla droga per riuscire ad occuparsene. I piccoli si trovano, dunque, abbandonati e in balia di criminali, trafficanti di esseri umani, agenti senza scrupoli. Le bande, in tale contesto, rappresentano il solo “surrogato” di famiglia, come dimostra il record di bimbi reclutati dalle gang e i 10mila ragazzini detenuti per reati gravi come omicidio o droga. «Spesso l’enormità del dramma ti fa sentire impotente. Devi accettare di procedere a passi piccoli. Ma importanti. Perché l’ambiente è estremamente ricettivo. E le risposte arrivano», spiega ad Avvenire Perolsi. La Fondazione Paoletti garantisce il supporto pedagogico a oltre 100 operatori e professionisti che collaborano con la Casa do Menor. «Il contesto è estremamente difficile, per questo hanno necessità di sostegno con interventi di councelling e di formazione». I segnali, finora, sono incoraggianti: la maggior dei ragazzini che passano per la Casa do Menor riesce a costruirsi un domani lontano dalle gang criminali, con lo studio o il lavoro. «Il punto è che non ci sono scorciatoie. La repressione, venduta spesso come unica soluzione, da sola non basta. Il Brasile ne è la dimostrazione: l’intensificarsi di quest’ultima non ha fermato la violenza dilagante. Anzi gli omicidi aumentano anno dopo anno», sottolinea Perolsi. Sa qui la scelta di puntare su strategie a lungo termine. «I “meninos da rua” sono un prodotto, forse il più crudele, della società. L’educazione rappresenta l’unica opportunità per salvarli».
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