sabato 26 marzo 2011
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Comincia con una nave con 350 persone in panne in alto mare e con un giallo la grande fuga dei profughi africani dalla Libia. Centinaia di subsahariani affollano ora il porto di Tripoli in attesa di partire verso l’Italia. Aspettano conferme sulla sorte dei migranti partiti prima di loro per prendere il largo. Ma intanto rischia di diventare un tragedia il primo viaggio verso l’Italia di un barcone con circa 350 profughi, tra cui 200 donne e alcuni bambini, partito l’altra notte dalle coste libiche e che ha lanciato l’sos con un telefono satellitare. I profughi sostengono di essere stati abbandonato alla deriva da una nave Nato battente bandiera canadese, che nel pomeriggio aveva prestato loro soccorso. L’allarme è stato raccolto da don Mosè Zerai, il sacerdote eritreo presidente dell’agenzia Habeshia che si occupa di assistenza a rifugiati e richiedenti asilo. Ieri mattina aveva raccolto una prima richiesta d’aiuto, segnalando le coordinate del barcone alla Guardia costiera. Nel pomeriggio il peschereccio, con il motore in avaria e che stava imbarcando acqua, è stato soccorso dall’unità della Nato. La quale ha detto agli immigrati che sarebbero stati portati in Tunisia. Di fronte al loro rifiuto, la nave si sarebbe allontanata. Questa la versione dei circa 350 extracomunitari a bordo, soprattutto eritrei, ma anche etiopi, somali e qualche cittadino del Bangladesh. Diversa la versione fornita dal comando dell’Alleanza atlantica di Napoli, secondo il quale la nave della Nato in acque internazionali ha avvicinato il barcone e prestato i soccorsi richiesti dalla legge del mare.«I militari – afferma il portavoce Nato David Taylor– hanno aiutato una nave in panne, quindi hanno valutato che il motore era funzionante, che le persone a bordo stavano bene. Hanno offerto acqua e cibo e valutato che poteva proseguire la navigazione. Li teniamo monitorati a distanza, pronti a intervenire in caso di necessità». L’imbarcazione, secondo le testimonianze raccolte da don Mosè, non sarebbe la stessa partita tre giorni fa sempre da Tripoli - la prima ad essere salpata dalla Libia verso Lampedusa dopo l’inizio del conflitto - e la cui sorte resta avvolta nel mistero. Non si sa se la carretta del mare partita da Tripoli tre giorni fa, che aveva lanciato un sos con una telefonata alla sorella di una passeggera, un’eritrea residente ad Agrigento, sia colata a picco oppure sia tornata indietro.«Per me – prosegue don Zerai – è probabile sia rientrata a Tripoli. Quella soccorsa e abbandonata è un’altra, partita ieri». La tesi troverebbe conferma nelle parole pronunciate mercoledì dal vicario apostolico di Tripoli Giuseppe Martinelli, il quale aveva parlato di una nave tornata indietro dopo poche decine di miglia. «Si è detto – aveva dichiarato all’agenzia Fides – che ha avuto un guasto al motore, ma forse si è trattato di un modo per estorcere soldi a quella povera gente». La cattedrale tripolina, presa d’assalto dai migranti alla fame nelle scorse settimane, si è svuotata. Se la nave è rientrata in porto, i passeggeri non hanno certo bussato a queste porte.«Gli africani sono in fuga per mettersi in salvo – conferma il sacerdote Sandro de Pretis, che aiuta gli eritrei in Libia – una parte vuole raggiungere in barca l’Italia, altri ritengono sicuro partire in auto verso la Tunisia». La chiesa cattolica, non potendo più fornire cibo, ha aiutato i profughi a fuggire con auto private. Così almeno 400 persone, soprattutto eritrei ed alcuni etiopi, sono riusciti a raggiungere la Tunisia attraverso il deserto dalla capitale libica e si trovano sotto la protezione dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.Quale sorte toccherà ai profughi africani in fuga dalla Libia? Sognano l’Europa, hanno attraversato il Sahara sfidando la morte, poi hanno sopportato due anni di schiavitù e prigione sotto il regime del colonnello Gheddafi. Ora, se restano in Nordafrica, temono di finire come i 250 eritrei, etiopi e somali, di cui 20 bambini sotto un anno di vita, segnalati sempre dall’agenzia Habeshia in stato di abbandono tra Libia ed Egitto. Accolti dall’Acnur, stando alle testimonianze, non avrebbero ripari e riceverebbero solo un pasto al giorno. E l’Europa, cosa farà? Un tenue spiraglio è stato aperto mercoledì dalla commissaria Ue agli affari interni Cecilia Malmstroem, per la quale alcuni stati membri hanno mostrato disponibilità ad accogliere migranti in fuga dal Corno d’Africa. Quelli che, come dimostra questa vicenda, non possono mai tornare indietro.
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