mercoledì 30 gennaio 2013
​Il presidente «avverte» il Congresso: «Se non agite in fretta, lo farò io». Svelato a Las Vegas il suo progetto per regolare l’ingresso degli stranieri negli Stati Uniti e portare allo scoperto chi è senza documenti.
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Barack Obama preme sull’acceleratore dell’immigrazione e mette fretta al Congresso. La riforma va fatta subito, ha detto a Las Vegas, 24 ore dopo che un gruppo bipartisan di otto senatori aveva presentato le sue idee sul tema. Quasi in gara con il Senato, il presidente ha svelato il suo piano per regolare l’ingresso degli stranieri negli Stati Uniti e portare allo scoperto gli irregolari. Dal Nevada, Stato con una delle più alte concentrazioni di immigrati latinoamericani negli Usa, il capo della Casa Bianca ha lodato il Senato per aver messo mano a una questione spinosa che il Congresso non prende in considerazione dal 2007. All’epoca, la proposta caldeggiata da George W. Bush venne però rimandata e quindi sconfitta, lasciando in vigore leggi che non vengono sostanzialmente modificate dagli anni Cinquanta. Per questo ieri Obama ha ammonito, con tono bellicoso, che non accetterà temporeggiamenti tattici. «Se il Congresso non interverrà rapidamente per varare una riforma sull’immigrazione – ha detto – manderò un mio disegno di legge alla Camera e al Senato ed esigerò un voto in tempi stretti».«La buona notizia – ha continuato – è che per la prima volta da molti anni repubblicani e democratici sembrano pronti ad affrontare insieme e in modo omnicomprensivo i problemi di 11 milioni di immigrati senza documenti». È la prima volta, dal 2009 a oggi, che Obama si trova a grandi linee in accordo con i repubblicani in Congresso su uno dei punti più caldi del suo programma elettorale.Il presidente ha però enfatizzato alcuni elementi di disaccordo con il documento firmato da politici di lungo corso, come il suo ex rivale John McCain. Il presidente non vuole che la richiesta di cittadinanza avvenga solo in un secondo momento, dopo l’implementazione di misure più severe per bloccare il flusso degli irregolari. Ma il suo approccio non ignora la necessità di rafforzare le frontiere americane, né di assicurarsi che, prima di essere ammessi a una sanatoria, gli irregolari «paghino le tasse e una multa, imparino l’inglese, siano sottoposti a controlli penali e si mettano in fila dietro a chi è entrato nel Paese regolarmente». Tutti elementi cari ai repubblicani e alla maggioranza dell’opinione pubblica. Obama ha evidenziato anche la necessità di rivedere le quote di permessi di lavoro, sia temporanei che definitivi, concessi ogni anno, che sono spesso insufficienti. Ad esempio, dagli anni Settanta ad oggi è rimasto fermo a 5mila, per tutti gli Usa, il numero annuale di lavoratori non agricoli e non specializzati (cameriere d’hotel, muratori). Fondamentale, nel piano di Obama, anche accelerare i ricongiungimenti familiari, che a causa di quote e burocrazia costringono un messicano con un coniuge o un genitore negli Usa ad aspettare fino a 16 anni per raggiungerli.
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