giovedì 4 dicembre 2008
Monsignor Bosco Penha: «L'aggressione alla comunità di Mumbai deve servire a raddoppiare gli sforzi per la pace».
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Mumbai cerca di ritornare alla normalità, sconvolta ma sostenuta dalla sua inesauribile vitalità che si sta manifestando anche in queste ore difficili. Ne abbiamo parlato con monsignor Bosco Penha vescovo ausiliare della metropoli indiana.Monsignor Penha, come vive la sua città questi giorni?La nostra città si è trovata a subire un orrendo atto terroristico. Non il primo della sua storia, ma certamente senza precedenti per natura e organizzazione. Ovviamente paura e disperazione non possono distoglierci dalla nostra dimensione della fede. Occorre pregare con ancora maggiore intensità che alla città e al paese sia risparmiato un altro affronto del genere e che ci sia una conversione del cuore nei responsabili. I cattolici come alimentano questa speranza?Il Santo Padre ha mandato un messaggio di solidarietà e io sono stato incaricato di trasmetterlo alle autorità, oltre che a curarne la pubblicazione sul nostro settimanale The Examiner. Ho chiesto che tutte le messe, sia dello scorso fine settimana che del prossimo abbiano al centro della Preghiera dei fedeli il ricordo delle vittime innocenti di questo attacco terroristico, dei poliziotti e i commando che hanno perduto la vita per proteggerci; la preghiera affinché il governo possa prendere misure opportune per prevedere attacchi futuri. L’aggressione terroristica deve servire per raddoppiare i nostri sforzi per creare un’atmosfera di solidarietà, pace, armonia e amore, una cultura della nonviolenza e per approfondire il nostro amore per la città e per il Paese.Mumbai colpita al cuore, perché?Mumbai è il centro della finanza e dell’economia del Paese, una metropoli viva e produttiva. Inevitabilmente, ogni danno fatto alla città è una ferita inflitta al Paese. La nostra comunità, piccola e pacifica, non poteva non risentirne: ha condiviso orrore, morte, devastazione, oscurità e depressione con tutti gli altri cittadini. Diversa potrebbe essere, in prospettiva la sorte dei molti musulmani della città. Una volta accertata, come ormai sembra, la matrice islamica degli attentati e i loro rapporti con il Pakistan, su di essa tornerà a pesare il sospetto e c’è il rischio di ritorsioni.Un’azione terroristica favorita, si dice, dalle certezze della democrazia indiana e dalla sottovalutazione del fenomeno integralista…Nell’apatia dei nostri politici si annida un grande pericolo, come nelle carenze della sicurezza e nella faciloneria dei funzionari responsabili dell’insicurezza della città. In un certo senso, una situazione che i cristiani hanno già provato sulla loro pelle in questi ultimi mesi, in Orissa e altrove.
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