sabato 22 novembre 2008
Un rapporto dell'intelligence americana prevede un mondo multipolare con diversi centri di potere come Cina e Russia. La crisi del dollaro influenzerà la politica estera.
COMMENTA E CONDIVIDI
Un mondo multipolare, la perdita d’influenza del dollaro, la fine della dipendenza energetica dal petrolio, la crescita della Cina come potenza economica e militare, un maggior rischio di conflitti e l’appannamento di al-Qaeda presso le masse arabe. Senza contare che il numero dei Paesi che avranno scarso accesso a cibo e acqua salirà da 21 a 36 nel 2025 e coinvolgerà 1,4 miliardi di persone.Sono solo alcuni spunti, i più interessanti, del rapporto (Global Trends 2025) diffuso dal National Intelligence Council (Nic). Il direttore del Nic Thomas Fingar precisa che si tratta di scenari, di simulazioni e che «il rapporto non deve essere visto come una previsione». Nessuna sfera di cristallo, piuttosto spiegano i portavoce di Langley, uno «stimolo» per cercare di leggere i mutamenti dei prossimi anni le evoluzioni geopolitiche ed economiche del pianeta.Ma scorrendo le 120 pagine del Global Trends 2025 si deduce che il mondo non parlerà più solo americano. L’intelligence Usa prevede infatti una diminuzione del ruolo dell’America sullo scacchiere mondiale che va di pari passo con la lenta ma inesorabile perdita di peso del dollaro. La moneta Usa infatti cederà il suo status di leader sul mercato finanziario e nei caveau delle banche nazionali per trasformarsi in una sorta di «primus inter pares» fra diverse monete. La conseguenza di questa smarrita centralità, notano gli analisti dell’intelligence, sarà una politica estera differente. Il vicedirettore dell’intelligence Usa ha sottolineato che toccherà al mondo politico chiedersi «cosa fare, come agire per mantenere le cose sulla giusta traiettoria». «I leader – ha detto parlando al Washington Institute per il Medio Oriente – possono plasmare gli eventi e il futuro è soggetto ad essere influenzato».Restano però le previsioni, grigie, per i teorici della “primacy” (la supremazia) americana. Perché il mondo evolverà in un sistema multipolare con diversi centri decisionali e “l’Est” sfiderà lo strapotere attuale “dell’Ovest”. Cina, Russia, India e Brasile beneficeranno dall’aumento del prezzo dell’energia (gas e petrolio) e delle commodity. Ma è su Cina e Russia che la comunità d’intelligence Usa focalizza le attenzioni. Acquisterà forza Mosca, senza tuttavia scacciare le zone d’ombra. Perché se avrà accesso a sempre più campi petroliferi da sfruttare, il suo potenziale come potenza ritrovata rischia di subire rallentamenti per una serie di ragioni concrete: corruzione nei gangli del governo, criminalità e arretratezza nelle infrastrutture. Pechino da oltre un decennio è guardata con un misto di paura, apprensione e opportunità nelle stanze di Washington. Il Pentagono ne teme l’ascesa militare e un bilancio per la Difesa che Pechino maschera dietro numeri fittizi. Secondo le stime del Nic nel 2025 la Cina sarà la seconda economia mondiale e le sue forze armate giocheranno un ruolo cardine negli equilibri geostrategici. Al Pentagono addirittura circola un rapporto – datato 2005 – che indica nel 2025 (guarda caso lo stesso limite del rapporto di quest’anno) la parità strategica fra Usa e Cina. Ma se Pechino, e la sua vertiginosa ascesa al ritmo del 9% annuo di crescita (ora leggermente in calo complici i mercati in tumulto) non sono una sorpresa ciò che cambia nell’edizione 2008 rispetto a quella del 2004 è la questione energetica. Perché se la dipendenza dal petrolio entro il 2025 sarà ridotta, non significherà che l’America – prevede l’intelligence – sarà stata in grado di svoltare decisamente verso le fonti alternative. Il motivo sono i costi delle infrastrutture e i tempi per rimpiazzare raffinerie e oleodotti con altri tipi di impianti adatti alle nuove forme di energia. Il cambiamento comunque delle fonti di approvvigionamento e il progressivo distaccarsi dal petrolio, creerà un contraccolpo nel Golfo Persico. L’Arabia saudita dovrà cercare di contenere le spese per il mantenimento del suo apparato reale; e l’Iran – alle prese con il crollo del prezzo di gas e petrolio – potrebbe rivedere «le sue politiche economiche populiste». E magari il clero perderà la presa sulla popolazione.Resterà l’Africa la zona più vulnerabile sotto il profilo economico. Malgrado il Continente diventerà uno dei maggiori produttori di commodity, la popolazione non beneficerà dell’espansione. Anzi l’instabilità e governi corrotti continueranno a far da tiranni. Una situazione che non farà altro che aumentare il rischio di conflitti, non solo in Africa ma anche nel mondo. Una nota positiva l’intelligence la individua in al-Qaeda la cui influenza «sulla popolazione svanirà prima che la gente pensi». Colpa della sua severa ideologia e «degli obiettivi strategici irrealizzabili».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: