giovedì 6 novembre 2008
I familiari del leader democratico «assediati» nel villaggio di Kogelo, nella provincia occidentale di Nyanza. La gioia della nonna 86enne: «Sono semplicemente felice». Il capo dello Stato Kibaki ha dichiarato una giornata di festa nazionale. Per strada spopolano le magliette con la faccia di Obama, e centinaia di poster raffigurano il suo sorriso su bus e taxi.
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Nell'Ovest del Kenya, a meno di un'ora di auto dalla cittadina di Kisumu, nella provincia di Nyanza, si trova il villaggio di Kogelo. È da una settimana che centinaia di giornalisti da ogni parte del mondo, si sono accampati qui, muniti di telecamere, microfoni, e macchine fotografiche che fino a poco tempo prima rappresentavano una relativa novità per i cittadini di questo posto. «L'ultima volta che avevamo visto dei giornalisti, era durante le violenze del dopo-elezioni di gennaio " spiega sorridente Michael, uno dei tanti tassisti in giro con la stampa " e non ce n'erano così tanti. Per fortuna questa volta scriveranno qualcosa di praticamente opposto a quei tristi avvenimenti». È qui infatti che risiede una parte della famiglia di Barack Obama, il nuovo presidente degli Stati Uniti d'America. La nonna paterna, Sarah Onyago Obama, ha raggiunto gli 86 anni, e con molta pazienza fa segno ai poliziotti di far entrare i giornalisti nel suo compound. Ha l'aria calma, elegante, e veste in maniera tradizionale e colorata. «Ora che Barack è diventato presidente " dichiara durante la conferenza stampa, aiutata dalla traduzione di una delle nipoti " sono semplicemente felice. Come vedete nulla è cambiato nel nostro stile di vita, a parte l'alto livello di sicurezza che regna da tempo attorno a me». La Signora Onyago Obama ha da poco subito un furto nella sua abitazione. «Alcuni delinquenti pensano che lei si sia arricchita con le elezioni americane " protestano in molti " invece è la donna di sempre, simpatica, forte e sorridente». La famiglia Obama afferma che ha seguito le elezioni fino a mezzanotte, per poi e riprendere verso le sei di mattina. «Abbiamo ricevuto molte chiamate e messaggi " confermano i parenti " i nostri amici negli Stati Uniti e in Kenya ci tenevano al corrente di ogni cambiamento sebbene stessimo tentando di dormire. Ma capiamo il loro entusiasmo. Siamo quindi molto felici di ricevere questa meravigliosa notizia. Ancora adesso fatichiamo a rendercene conto, siamo travolti dalle domande». È così che il Kenya si trova a celebrare uno degli eventi più importanti dall'indipendenza del Paese. «Al di là degli aiuti economici " riflette George Odyambo " trovo che sia importante la vittoria di Obama perché dimostra come chiunque, indipendentemente dal colore della pelle, può farcela ad ottenere il massimo. Questa vittoria non riguarda solo noi africani, ma tutto il mondo». Magliette con la faccia dell'ormai ex-senatore vengono vendute in ogni angolo delle strade. Molte canzoni che rendono omaggio al primo presidente Usa afro-americano risuonano già nella testa di ogni keniano. Centinaia di poster che raffigurano il sorriso di Obama sono incollati ai finestrini di pulmini e taxi. Inoltre, una delle birre più bevute in questa zona, la «Senator», è stata ribattezzata «Obama». Messaggi via e-mail e cellulari con gli indirizzi dei luoghi in cui si celebrerà la vittoria di Barack, vengono inviati per la giornata di oggi che Mwai Kibaki, presidente del Kenya, ha voluto far diventare festa nazionale. Kibaki, uno dei primi a complimentarsi al telefono con il nuovo presidente statunitense, vuole festeggiare il fatto che Obama non abbia dimenticato parte delle sue origini, e la terra in cui suo padre è nato e cresciuto prima di andare all'estero. C'è però anche chi è scettico riguardo ai cambiamenti futuri nel Paese: «Credo che il Kenya trarrà molti benefici da questa vittoria " confessa Casila Penena, consigliera comunale " ma bisognerà poi capire come il nostro governo intenderà sfruttarli. C'è ancora molta corruzione in giro, e la maggioranza della popolazione solitamente non vede mai i risultati positivi promessi. Noi, d'altro canto, dobbiamo impegnarci a cambiare la nostra società senza aspettarci che Obama lo faccia al posto nostro». Per le strade la gente sorride, e sembra camminare con passo più sicuro. Non molto lontano, in un cielo azzurro, macchiato qua e là dal bianco di qualche nuvola passeggera, uno stormo di uccelli gracchia e sorvola vivacemente le verdi colline che nascondono il piccolo villaggio di Kogelo: «Secondo me " dice guardando in alto un giovane in bicicletta " anche loro stanno festeggiando».
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