mercoledì 4 dicembre 2019
Niente più tessera o codice. Basterà metterci la faccia per salire sui treni. Succede a Zhengzhou nello Henan. Nello Xinjiang la stessa tecnologia è usata invece per spiare gli uighuri
La metropolitana di Pechino (Archivio Ansa)

La metropolitana di Pechino (Archivio Ansa) - Ansa

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Niente più tessera o codice. Basterà, letteralmente, metterci la faccia (e che la faccia sia collegata a un conto corrente registrato). Succede, da ieri, nella città di Zhengzhou, capoluogo della provincia dello Henan nella Cina centrale, grazie alla nuova frontiera tecnologica lungo la quale Pechino ha deciso di giocarsi il suo futuro: la tecnologia del riconoscimento facciale. Il funzionamento è semplice. Si scarica l’App ufficiale, si completa l’autenticazione facciale e il gioco è fatto: i viaggiatori possono accedere alla metropolitana attraverso la scansione dei volti. Grazie a un metodo di pagamento preimpostato, la tariffa viene addebitata automaticamente. Facile, veloce e indolore, dicono i sostenitori del programma. A ben vedere, si tratta di un tassello di una strategia ben più ampia. Che, per molti analisti, non è incolore come viene presentata. Ma pervasiva e tentacolare. Il cui obiettivo è il controllo sociale.

Dal primo dicembre è entrato in vigore l’obbligo di farsi scansionare il viso se si vuole sottoscrivere un nuovo abbonamento di telefonia mobile. Lo scopo dichiarato? Poter accertare l’identità reale dell’utente. Per il ministero dell’Industria e dell’Information technology, si tratta di un passo necessario per «tutelare i legittimi diritti e interessi dei cittadini online». Gli operatori telefonici devono usare «intelligenza artificiale e altri mezzi tecnologici» per accertare l’identità degli utenti al momento del rilascio dei numeri telefonici, al fine di verificare ci sia corrispondenza con l’identità data.

Un passaggio denso di conseguenze, uno scenario da “Grande fratello”, se solo si considera che telefonia mobile – il numero degli abbonamenti sottoscritti per cellulari in Cina era di 1,43 milioni nel 2018 – significa oggi principalmente accesso a Internet. E che risponde all’ossessione, del Partito comunista cinese, per la sorveglianza. L’intelligenza artificiale prolunga un sistema di controlli fisico: nel 2017 si contavano 170 milioni di telecamere montate in tutto il Paese, con l’obiettivo di installarne circa 400 milioni di nuove entro il 2020. Il gigante asiatico si sta trasformando in un gigantesco laboratorio. Di controllo.

Perché – come denunciato dal New York Times – la tecnologia di riconoscimento facciale è già utilizzata in maniera massiccia contro gli uighuri, la popolazione turcofona dello Xinjiang. «È il primo esempio noto di governo che usa intenzionalmente l’intelligenza artificiale per la profilazione razziale».

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