domenica 3 aprile 2016
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Le Ong temono le troppe concessioni La manifestazione massiccia di islamisti radicali che per quattro giorni ha assediato dal Sabato Santo il palazzo del Parlamento pachistano prima di disperdersi per un accordo negoziato con il ministro dell’Interno è stato un test per il governo. Di fermezza, ma anche di revisione dei rapporti con la politica di ispirazione religiosa e in particolare con il Jamaate- Islami, da tempo meno credibile e influente in Parlamento, ma centrale nell’elaborazione delle dieci richieste avanzate al governo per sgomberare la piazza. Tra queste, il rilascio senza condizione di tutti i leader religiosi sunniti sotto inchiesta o sotto processo anche per terrorismo e omicidio; la rimozione di non musulmani da postichiave dell’amministrazione statale; il riconoscimento del “martirio” di Mumtaz Qadri, impiccato a fine febbraio per l’assassinio cinque anni fa del governatore del Punjab, Salman Taseer, fautore di una revisione della “legge antiblasfemia” e del processo della cattolica Asia Bibi, in carcere da 2.476 giorni e in attesa del verdetto della Corte Suprema sulla legalità della sua condanna a morte; l’assicurazione che la “legge antiblasfemia” non sarà emendata. Il governo ha mostrato fermezza ma anche concesso ampi poteri ai militari attirandosi numerose critiche. Alla fine avrebbe ceduto a sette richieste delle dieci presentate dai sostenitori di Mumtaz Qadri, A affermarlo anche un comunicato inviato all’agenzia Fidesdalla Ong “Christian Solidarity Worldwide” (Csw). Tra le richieste accolte, il rilascio delle persone arrestate durante il sit-in; l’impegno a non modificare l’articolo 295 A, B e C del Codice penale (parte della legislazione che definisce e sanziona il reato di blasfemia); l’impegno a non mostrare alcuna clemenza verso i condannati per oltraggio alla fede islamica. La società civile in Pakistan – osserva Csw – è choccata dalla volontà del governo di piegarsi alle richieste dei manifestanti (…) Queste concessioni evidenziano l’incapacità di resistere alle pressioni degli estremisti e sollevano dubbi sul suo impegno a garantire i diritti di tutti i cittadini e a fermare l’abuso della legge». Sicuramente, dopo la strage nel parco Gulshan- e-Iqbal di Lahore nella serata della vigilia pasquale, il governo pachistano si trova davanti a scelte difficili, con il rischio di ulteriori rigurgiti integralisti, da un lato, di eccessive concessioni ai militari dall’altro. Un atteggiamento che merita però anche qualche credito. «Consola vedere che i governanti hanno preso misure di sicurezza concrete, anche concedendo all’esercito azioni militari nella provincia del Punjab, il cui controllo è determinante per evitare che diventi santuario di terroristi », ricorda il sacerdote domenicano James Channan, direttore del Centro per la Pace di Lahore. D’altra parte, sottolinea Channan, «la maggior parte dei musulmani pachistani sono amanti della pace e condannano ogni discriminazione e aggressione verso i cristiani. L’attuale, deprimente situazione del Pakistan ci chiede di giocare un ruolo più attivo e positivo per diventare un reale strumento di riconciliazione, rispetto per tutti e coesistenza pacifica». © RIPRODUZIONE RISERVATA Le proteste a Islamabad (Epa)
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