mercoledì 30 marzo 2016
COMMENTA E CONDIVIDI
Gli appelli e le promesse della presidente Dilma Rousseff e del suo predecessore – nonché mentore – Inacio Luiz Lula da Silva, non sono riusciti a fermare l’emorragia. La “grande fuga” ormai è in atto. Il primo a “smarcarsi” dal governo è stato il ministro del Turismo, Henrique Eduardo Alves del Partido do movimento democratico brasileiro (Pmdb): quest’ultimo ha presentato le dimissioni lunedì. Poco dopo, nella tarda serata di ieri, i vertici della formazione hanno ufficializzato la rottura con l’esecutivo, travolto dalla recessione e dalle conseguenti proteste di piazza. Entro il 12 aprile, gli altri sei titolari di dicasteri del Pmdb dovranno lasciare. Il Partido dos trabalhadores (Pt) – a cui appartiene Rousseff – ha perso, dunque, il suo principale, per quanto sempre recalcitrante, alleato. E ora dovrà affrontare l’emergenza da solo. Dentro e fuori dal Palazzo del Planalto, la sede del governo. Alla rabbia della piazza – scatenata dai casi di corruzione e alimentata dall’opposizione, per altro anch’essa coinvolta negli scandali –, si somma la crisi istituzionale. Al momento, la Camera sta esaminando una richiesta di impeachment per la presidente, accusata di abusi durante la campagna elettorale. Perché la messa in stato d’accusa vada avanti, è necessario il via libera di due terzi dei 513 deputati. L’ago della bilancia sono proprio i 69 esponenti in Congresso del Pmdb che, ora, potrebbero decidere di sostenere l’impeachment. A quel punto, Rousseff sarebbe sospesa e sottoposta a un giudizio in Senato, mentre la presidenza verrebbe occupata dall’attuale vice, nonché leader del Pmdb, Michel Temer. È stato proprio quest’ultimo a premere per la “frattura”: spera, in tal modo, di poter avere chances alle prossime consultazioni. Un’ipotesi sempre più probabile. L’uscita di scena del partito, inoltre, potrebbe produrre un effetto domino nei confronti degli altri alleati. Le formazioni socialdemocratica e progressista hanno giù annunciato vertici in settimana per affrontare la questione. Il governo, in bilico, cerca di serrare le fila chiamando a raccolta i “suoi”: domani sono state convocate nuove manifestazioni pro Pt nelle principali cittù brasiliane. Ad accelerare la crisi, la decisione di Rousseff di nominare capo di gabinetto Lula. Una mossa interpretata dall’opposizione come un tentativo di “salvare” l’ex presidente, accusato di aver partecipato al giro di mazzette nel gigante energetico Petrobras. La situazione dell’impresa, nell’occhio del ciclone, si fa difficile, rallentando ulteriormente l’economia in recessione. I sindacati hanno denunciato l’intenzione dell’azienda di licenziare 12mila dipendenti, il 15 per cento del totale. © RIPRODUZIONE RISERVATA La presidente Dilma Rousseff (Epa)
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: