sabato 27 luglio 2013
​Mentre a Pechino le esecuzioni si sono dimezzate nel quinquennio, il trend invece ha invertito rotta in democrazie liberali come Giappone, Gambia, Kuwait e Nigeria. Iran e Iraq «maglie nere».
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Tra abbandoni definitivi e ritorni allarmanti, la pena di morte continua a essere sempre meno presente nel globo. Le esecuzioni capitali calano difatti ovunque, anche in Cina, lo Stato primatista di vittime con i suoi 3mila morti l’anno. In tutto il mondo, nel 2012, hanno sfiorato quota 4mila. Mentre però a Pechino sono dimezzate negli ultimi cinque anni, il trend ha invertito rotta in democrazie liberali come Giappone, Gambia, Kuwait e Nigeria. Queste, da tempo in moratoria di fatto, sono ai primi 4 posti per esecuzioni tra le otto nazioni dove il boia è entrato di nuovo in azione. Due anni fa erano appena tre.Il rapporto 2013 dell’associazione Nessuno Tocchi Caino, tuttavia, mostra un quadro in miglioramento, con 158 Paesi che non praticano più l’estrema pena e 40 nazioni in cui è ancora presente. L’Asia si conferma il continente più restio a rinunciarvi, con Cina, Iran e Iraq ai primi posti della classifica mondiale e Teheran che ha il record di vittime in rapporto alla popolazione. Africa e Stati Uniti, invece, fanno passi da gigante; Ciad, Repubblica Centrafricana, Sierra Leone e Tunisia infatti, per la prima volta, nel 2012 hanno votato a favore della moratoria Onu e interrotto le esecuzioni. Gli Usa, invece, in sei anni hanno visto crescere al ritmo di uno l’anno i governatori che hanno abbandonato la pena di morte.È «una battaglia di civiltà», ricorda in un messaggio il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ponendo l’Italia tra gli Stati «strenui sostenitori» dei diritti umani e delle libertà civili. Parole che s’inseriscono nel solco del ragionamento del ministro degli Esteri, Emma Bonino. Intervenendo alla presentazione del dossier, il capo della Farnesina ha confermato il sostegno del governo, «anche finanziario», alla moratoria sulla pena di morte. Il dialogo con l’estero, tuttavia, deve orientarsi con maggiore incisività, dice, soprattutto verso quei Paesi «che tornano indietro. E questo ci preoccupa».In più, ci sono ancora nazioni in cui per la pena capitale vige il segreto di Stato – basta pensare a Vietnam, Bielorussia e Iran – questo fa così lievitare il numero effettivo delle loro esecuzioni. Mentre è in atto una «conversione dello Stato-boia», conclude il presidente di Nessuno Tocchi Caino Marco Pannella, fa paura che in «Italia ci sia ancora l’eragostolo, la pena fino alla morte».<+copyright>
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