martedì 18 ottobre 2011
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Una sentenza a lungo auspicata e da accogliere con profonda soddisfazione” perché ribadisce “la piena dignità dell’embrione umano”. Così Antonio G. Spagnolo, direttore dell'Istituto di Bioetica dell’Università cattolica di Roma, commenta al SIR la sentenza con la quale questa mattina la Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito la non brevettabilità di un procedimento che, ricorrendo al prelievo di cellule staminali ricavate da un embrione umano nello stadio di blastocisti, comporti la distruzione dell'embrione stesso.“Catalizzatore del dibattito, l’aspetto economico-commerciale della brevettabilità che la questione solleva ha riportato alla ribalta la questione etico-giuridica dello statuto dell’embrione”, osserva Spagnolo. La scorsa estate lo studioso aveva sottoscritto con altri scienziati e accademici europei una lettera da inviare alla prestigiosa rivista scientifica “Nature” in cui veniva ribadita la validità della posizione espressa dall’avvocato generale della Corte Ue, Yves Bot, al termine della sua istruttoria sul caso.Pur riconoscendo che la Corte non risolve la controversia nazionale, poiché spetta al giudice dello Stato specifico in cui si è sollevata la questione, in questo caso la Germania, risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte, Spagnolo esprime soddisfazione per il recepimento, nella sentenza odierna, delle conclusioni cui era pervenuto l’avvocato generale”. Il pronunciamento, sostiene ancora Spagnolo, “ribadisce con forza la piena dignità dell’embrione umano e il suo diritto ad essere tutelato; il suo non essere oggetto di brevettabilità rimanda sul piano antropologico al suo valore”. I punti chiave su cui si è basata la sentenza, quali ad esempio la nozione di “embrione umano” da intendersi “in senso ampio”, e in particolare l’affermazione che “sin dalla fase della sua fecondazione qualsiasi ovulo umano deve essere considerato come un ‘embrione umano’, dal momento che la fecondazione è tale da dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano”, secondo il bioeticista “non possono non essere motivo di riflessione anche in altri ambiti nei quali l’embrione è posto in discussione. La ricerca scientifica che utilizza gli embrioni umani e quindi ne comporta la distruzione, dovrà essere rivista, ed anche il sistema dei relativi finanziamenti pubblici”. Forse, conclude, “si può sperare in un passo avanti in termini di consapevolezza per quanto riguarda il dibattito sugli standard che l’Ue vorrà darsi per regolamentare questo tipo di ricerca: criteri e parametri realmente rispettosi della dignità della persona umana in tutte le fasi della sua esistenza”.
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