giovedì 28 aprile 2016
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È incriminato per omicidio e terrorismo: risponderà sulle stragi del 13 novembre PARIGI Un’intera squadra di sorveglianti penitenziari per un solo uomo di 26 anni, sullo sfondo dell’attesa di centinaia di famiglie francesi e non con un destino spezzato dall’orrore parigino del 13 novembre. Il terrorista Salah Abdeslam, l’unico membro ancora in vita del commando jihadista responsabile dei 130 morti delle stragi, è giunto in Francia ieri mattina in aereo dal Belgio, scortato da teste di cuoio della gendarmeria francese (Gign). Condotto verso le 11 al Palazzo di Giustizia di Parigi, è stato incriminato per omicidio, associazione a un gruppo terroristico e possesso d’armi ed esplosivo, secondo il suo avvocato francese, Franck Berton. Il terrorista si è dichiarato 'molto stanco', ottenendo dai giudici istruttori che il primo vero interrogatorio abbia luogo il 20 maggio, ha aggiunto il legale. Abdeslam era stato catturato a Molenbeek (Bruxelles) il 18 marzo, in un edificio fra le stesse strade dov’era cresciuto. Ieri sera, è stato portato nel carcere di Fleury-Mérogis, a circa 30 chilometri da Parigi, nella banlieue Sud opposta a quella settentrionale dov’era cominciata la tragica sequenza di novembre. Come già durante la detenzione in Belgio, il terrorista sarà tenuto lontano dagli altri detenuti. Potrebbe pure ritrovarsi sotto l’occhio costante di telecamere: un punto giudicato controverso, sul piano deontologico. Ma in ogni caso, sarà seguito da una «squadra apposita» di quattro sorveglianti abituati ai detenuti «pericolosi », ha precisato il Guardasigilli Jean-Jacques Urvoas. Nelle ultime settimane, il rischio di suicidio è stato evocato da più fonti. E in proposito, proprio a Fleury-Mérogis, si è già tolto la vita lo scorso 22 dicembre l’autore del cosiddetto “attentato di Saint-Quentin-Fallavier', Yassin Salhi, trentacinquenne che il 26 giugno 2015 aveva messo in scena in modo macabro, in mezzo a bandiere e altri simboli jihadisti, l’assassinio del proprio datore di lavoro. Nella cella speciale di Abdeslam, i mobili sono fissati alle pareti e le finestre blindate. Ma il detenuto potrà ricevere visite, passare da solo un’ora quotidiana in un cortiletto esterno, tenersi informato e guardare la televisione, inviare lettere e persino telefonare. Un medico lo visiterà almeno due volte a settimana. Ad assicurarne la difesa, sarà un pool: un terzo legale dovrebbe affiancare Berton e il suo collega belga Sven Mary, che hanno già incontrato assieme Abdeslam il 22 aprile, per oltre due ore. In proposito, l’avvocato francese ha spiegato a Le Monde: «Se fosse stato in un atteggiamento di rivendicazione, non l’avrei difeso. Ma è d’accordo per affrontare le questioni di fondo e si potrà scrivere una pagina interessante di giustizia, soprattutto per le vittime». Il terrorista mostrerebbe «una reale volontà di spiegarsi sul suo percorso di radicalizzazione e sugli stessi fatti: il 13 novembre, così come i giorni precedenti e successivi». Sul profilo psicologico del ventiseienne, cresciuto in Belgio ma di nazionalità francese, continuano a rincorrersi versioni contrastanti. In un’intervista al quotidiano Libération, il legale belga Mary lo descrive come «un seguace, piuttosto che un leader», mostrandosi quasi sprezzante sulle doti intellettive del criminale: «Ha l’intelligenza di un portacenere vuoto». Potrebbe essere la premessa di una linea difensiva volta a smontare l’iniziale profilo ipotizzato di “coordinatore” degli attentati. Ma in ogni caso, contro i tentativi di sminuire il calibro criminale del terrorista si stagliano tanti fatti che attendono spiegazioni: compresi i lunghi mesi di caccia infruttuosa da parte delle polizie di tutta Europa. Di certo, l’imperioso bisogno di comprendere stampato sui volti dei familiari delle vittime non si accontenterà di mezze verità. © RIPRODUZIONE RISERVATA LA CATTURA. L’arresto di Salah Abdeslam il 18 marzo a Molenbeek (Ap)
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