mercoledì 18 maggio 2022
Il piano B, come «brand», di Putin per rispondere all'isolamento internazionale anche sul versante dei consumi, dopo l'abbandono della Russia da parte delle aziende occidentali
Una signora fa la spesa a Mosca da Dixi, catena della grande distribuzione interamente russa

Una signora fa la spesa a Mosca da Dixi, catena della grande distribuzione interamente russa - Ansa/Epa

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Dagli alimentari all’automotive, Mosca si prepara a rispondere all’isolamento internazionale e alla fuga dei marchi stranieri con alternative “made in Russia”, destinate al mercato interno e a non fare sentire troppo ai russi la mancanza delle decine di brand che il Cremlino ha fatto scappare dal Paese dopo la decisione di intraprendere la sua «operazione militare speciale» in Ucraina.

Il tutto, condito da un nazionalismo esasperato, dove il vero patriota si vedrà anche da quello che mangia e che beve, ammesso, se continua così, che possa realmente avere alternative.

Dopo aver annunciato la sua sospensione delle attività lo scorso marzo, due giorni fa McDonald’s ha detto definitivamente addio al mercato della nazione più grande del mondo. Un gesto che ha anche un forte valore simbolico, se si pensa che, nell’ormai lontano 1990, l’apertura del primo punto nella centralissima Piazza Pushkinskaja, a Mosca, era stato salutato come una prima apertura dell’allora Unione Sovietica al mondo. Dopo 32 anni, si torna indietro.

Il presidente Putin in persona, ha già pensato al piano B: una catena fast food 100% russa, ma che scimmiotta la ben più collaudata versione americana. Il titolo che va per la maggiore è quanto mai evocativo: «Djadja Vanja», ossia «Zio Vanja», dramma di Anton Cekhov e considerato uno dei più grandi capolavori della letteratura russa. Insomma, tutto fa brodo, anche se in questo caso sarebbe più appropriato parlare di hamburger sulla piastra. I colori dovrebbero richiamare quelli che furono di McDonald’s, ma per la grafica e i menù si dovrà usare molta attenzione, perché il brand americano ha detto chiaramente che non potranno essere utilizzati.

Chissà se, fra le alternative russe offerte, ci sarà anche la «Komi Cola», bevanda proveniente dall’omonima repubblica, nel nord della Russia, verso la regione artica. Terre sconfinate, famose per la loro natura e le tradizioni delle popolazioni autoctone che vi abitano. Fino a ieri. Di recente, la repubblica di Komi è balzata agli onori delle cronache per lo sforzo patriottico profuso nel cercare di produrre una alternativa russa niente meno che alla Coca Cola, anch’essa fuori dal mercato nazionale da marzo. Il colore e le bottigliette sono in tutto e per tutto simili alla celeberrima bevanda americana.

Quanto al gusto, essendo la formulazione di Coca Cola segreta, ci si è solo potuti affidare al gusto e alla buona volontà di chi ha assaggiato le diverse alternative. Di certo, si sa che costerà solo 46 rubli, circa 60 centesimi di euro. Così, se chi la berrà non rimarrà soddisfatto, almeno non avrà speso troppo.

Non solo alimentare, ma anche automotive. Adesso che Renault ha ceduto le attività alla Russia, il sindaco, Sergeij Sobyanin, ha grandi programmi per il futuro, ancorati però al passato sovietico. Il piano è quello di tornare a produrre autovetture con lo storico marchio «Moskvich». Auto d’epoca, in attesa di affrontare le sfide della modernità, con la società KamAZ che dovrebbe diventare il partner e fare virare su modelli elettrici, che entreranno in commercio fra il 2024 e il 2025. Ma le informazioni scarseggiano. Per il momento solo tanta enfasi e grandi annunci.





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