mercoledì 23 maggio 2012
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«Molti voteranno Moussa, molti Shafiq. Certo è che i copti saranno l’ago della bilancia di queste elezioni». Youssef Sidhom non ha dubbi. Lui la comunità cristiano-ortodossa d’Egitto la conosce come le sue tasche, dopo anni di direzione della rivista settimanale Watani (il mio Paese), l’unico periodico di ispirazione cristiana presente in Egitto. A fondarlo, nel 1958, è stato suo padre, Antoine Sidhom. Da allora Watani è diventato una voce importante nel panorama editoriale egiziano, capace di raggiungere oltre mezzo milione di famiglie. E non solo copte. «Siamo rispettati anche dalla comunità islamica – spiega il direttore mentre ci accoglie nel suo ufficio, al terzo piano di un vecchio stabile della Downtown – soprattutto in questo momento. Ci si sta rendendo conto di quanto importante potrà essere il voto dei 4 milioni di elettori copti, in vista del risultato finale. La comunità ha paura che anche il presidente della Repubblica, come già il Parlamento, possa finire in mano a Fratelli Musulmani e Salafiti. Per questo voteranno un candidato laico e liberale». I nomi che vanno per la maggiore sono quelli di Amr Moussa e Ahmed Shafiq. «Il primo viene percepito come un politico di lungo corso – dice ancora Sidhom –: un uomo esperto e dunque certamente capace di tenere nella giusta considerazione anche le richieste della minoranza copta. Il secondo è un uomo d’ordine, slegato da dinamiche religiose e molto aperto nei confronti degli ortodossi. Entrambi raffigurano meglio di altri il presidente civile che i copti preferirebbero».Eppure, specie tra i più giovani, inizia a farsi strada un terzo nome: quello di Hamdin Sabahi. Il candidato più forte dell’ala “rivoluzionaria” sembra strappare consensi in maniera trasversale tra le giovani generazioni. Dunque anche tra i giovani copti. «Moussa è molto conosciuto, Shafiq è molto rispettato – spiega Samia Sidhom, caporedattrice della sezione anglofona di Watani –, ma Sabahi si distingue dagli altri. Sembra più vicino alla gente: molti dei ragazzi di piazza Tahrir lo voteranno. Quindi anche molti copti. Del resto i cristiani sanno che, in ogni caso, verrà eletto un presidente islamico. La scelta, quindi, ricadrà tra quelli che dimostreranno di essere più moderati». Gli spauracchi sono rappresentati da Mohammed Mursi, candidato che fa capo ai Fratelli Musulmani, da Abdullah al-Ashaal, sostenuto dai Salafiti e, infine, da Mohammed Salim al-Awwa, particolarmente inviso ai copti per aver affermato che i cristiani terrebbero armi nei monasteri, pronti ad usarle contro i musulmani.Più presentabile, invece, il volto riformista di Abdul Moneim Aboul Fotouh, l’ex fratello musulmano fuoriuscito dal movimento ufficiale islamista dopo che gli era stato fatto divieto di candidarsi alle presidenziali. La sua apertura nei confronti dei cristiani è stata massima, durante tutta la campagna elettorale. A marzo aveva preso parte, al Cairo, a un incontro organizzato dai gesuiti, propugnando la difesa dei diritti delle minoranze. Poco dopo, si è fatto notare in prima fila ai funerali del patriarca Shenouda III. Tra i principali sponsor di Fotouh tra i copti, del resto, c’è il presidente della General Coptic Organization in Egypt, Sharif Dus.«Devo dire che il nostro invito a una conferenza qui al giornale lo ha declinato» osserva il direttore Sidhom, riferendosi al ciclo di incontri con i candidati, che Watani ha organizzato nelle ultime settimane. «Per noi il massimo sarebbe stato un candidato copto – sorride – ma non era questo il momento. La comunità sta cercando di uscire dall’ostracismo, tra mille problemi. La bomba di Alessandria a Capodanno del 2011 e la strage di Masbero lo scorso autunno, sono ferite ancora fresche. Inoltre, queste presidenziali cadono nel bel mezzo delle procedure per la scelta del successore di papa Shenouda III. Speriamo che questa insicurezza possa cessare presto».
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