giovedì 31 marzo 2016
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«La revoca non sarà inserita nella Costituzione». Polemiche sui «fiancheggiatori» PARIGI «Ho deciso di chiudere il dibattito costituzionale». Con parole amare, pronunciate dall’Eliseo al termine del consiglio dei ministri settimanale, il presidente socialista François Hollande ha rinunciato ieri al progetto di modificare la Carta costiotuzionale transalpina per introdurvi in particolare la possibilità di revocare la cittadinanza ai terroristi condannati. Dopo poco più di quattro mesi, l’unità politica bipartisan suscitata dalle stragi si è fessurata, fino a trasformarsi in scontro aperto soprattutto all’interno della sinistra, con una ridda di dichiarazioni ostili verso l’inquilino dell’Eliseo accusato di voler snaturare il principio d’uguaglianza introducendo misure discriminatorie solo verso i binazionali. Fra i contraccolpi delle ultime ore, anche nuovi sondaggi impietosi per il presidente (18% di consensi, secondo l’istituto Odoxa) e per il premier Manuel Valls (31%). Nella stessa dichiarazione, Hollande ha ribadito che il terrorismo «ha dichiarato guerra» alla Francia e che servono «risposte nazionali all’altezza delle sfide», così come «un’azione determinata al livello europeo». La minaccia «non è mai stata tanto elevata » ed occorre comprendere che «la guerra sarà ancora lunga». Ormai in mano al centrodestra neogollista, il Senato aveva stravolto la bozza di riforma inizialmente votata dall’Assemblea Nazionale. Ma ad esternare diffidenza verso il progetto è stato persino Emmanuel Macron, il giovane e ambizioso ministro dell’Economia scelto da Hollande a rinforzo dell’esecutivo. Per reagire alle stragi è appena giunto, sempre sui banchi del Senato, un progetto legislativo parallelo con numerose misure anti-terrorismo, che vuole dare il via libera a perquisizioni notturne, a fermi «amministrativi» fino a 4 ore per verifiche d’identità, o al soggiorno obbligato per presunti jihadisti di ritorno dalla Siria. Ma in termini d’immagine, la rinuncia alla riforma costituzionale rischia di lasciare strascichi profondi. Anche perché, nel frattempo, non si spengono le critiche contro certe opzioni francesi in Medio Oriente, come i contratti militari miliardari siglati con regimi annoverati fra i fiancheggiatori del fondamentalismo islamico. Su questo fronte, continuano a tuonare pure iVerdi, nonostante il loro recente ritorno al governo. Ricordando che «la maggioranza degli eurodeputati si è pronunciata lo scorso 25 febbraio per un embargo europeo sulla vendita d’armi all’Arabia Saudita », il partito ha denunciato, nella scia della Legion d’onore concessa al ministro saudita Mohammed ben Nayef, «un nuovo segnale di affossamento ideologico della sinistra illuministica, pacifista, progressista e indipendente dai poteri economici». In parallelo, giungono a Parigi i commenti della stampa indipendente di Paesi arabi come la Tunisia, particolarmente critici verso i «conflitti d’interessi » occidentali e francesi in Medio Oriente. È un tema già presente pure nella precampagna in vista della corsa all’Eliseo. L’ex ministro neogollista Bruno Le Maire, “outsider” in ascesa in vista delle primarie nel centrodestra, promette già: «Se sarò capo dello Stato, riesaminerò le relazioni diplomatiche con l’Arabia Saudita, con il Qatar, e con un certo numero di Stati del Golfo, in funzione della capacità che avranno di riconsiderare i legami con i movimenti» di stampo jihadista. La stessa polemica non risparmia Nicolas Sarkozy, il capo dell’opposizione ed ex presidente accusato d’intascare onorari vertiginosi in Qatar per conferenze pagate con i petrodollari del Golfo. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il gradimento del presidente François Hollande è al 18 per cento (Ap)
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