sabato 18 giugno 2022
Il centro urbano è stato investito dai raid: morti due civili, una ventina i feriti. Una rappresaglia per il rimorchiatore affondato da due missili Harpoon in dotazione alle forze di Kiev
Militari ucraini nella regione di Mykolaiv

Militari ucraini nella regione di Mykolaiv - Reuters

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Petalo per petalo. Rosa per rosa. «La cura per ogni fiore è la chiave di tutto». I giardinieri di Odessa sembrano saltati fuori dalle pagine di un redivivo Saint-Exupéry. Ma la guerra non è finita e sul cielo incupito dal temporale non vola l’aviatore del “Piccolo principe”, ma missili e granate: tredici esplosioni nella notte, poi una nave russa affondata, infine la rappresaglia di Mosca sui civili di Mykolaiv.

Appena il tempo di salutare i leader europei che lasciavano Kiev che alle 23 di giovedì le sirene preannunciavano la sequenza proprio all’ora del coprifuoco, posticipato per ridare speranza alla città che prima della guerra non dormiva mai. Al mattino dopo, sulla strada per Mykolaiv, i militari sono più bruschi del solito. Le notizie che arrivano dall’intelligence non sono buone. «Un sottomarino, due missili e tre grandi navi da sbarco della Marina russa sono pronti a lanciare attacchi missilistici nella parte nordoccidentale del Mar Nero», spiega una fonte dello Stato maggiore.

Nei giorni scorsi quattro fregate russe erano rientrate in Crimea lasciando temporaneamente le acque antistanti Odessa. Alcuni analisti stranieri avevano interpretato la mossa come un gesto distensivo, in vista del negoziato sulla riapertura delle rotta del grano. Altri temevano invece che andassero semplicemente a fare il pieno di munizioni. Il dilemma è stato sciolto a metà mattinata. Due missili hanno colpito il centro urbano di Mykolaiv: due civili sono morti e una ventina sono rimasti gravemente feriti.

Era la rappresaglia per l’ennesima nave russa colpita dagli ucraini: un rimorchiatore senza insegne militari, requisito in Crimea per trasportare uomini e armi da scaricare sull’Isola dei Serpenti, l’avamposto strategico da cui potrebbe dipendere un eventuale sbarco russo nella regione di Odessa.

Per riuscire, Mosca deve prima piegare Mykolaiv, così da stringere una tenaglia sul principale porto nel Mar Nero (Odessa ndr), da est via terra con le forze di stanza nella Crimea, e da Ovest con l’invasione dal mare. Uno scenario ancora ritenuto improbabile, ma non impossibile. Il rimorchiatore è stato centrato da due missili Harpoon in dotazione alle forze ucraine.

Le esplosioni sono state filmate anche dalla spiaggia, non lontano dal ponte d’acciaio di Zakota, regolarmente bersagliato dai russi che però non sono riusciti a demolirlo, forse per non privarsi di una infrastruttura che faciliterebbe la corsa da sud verso Odessa. Gli Harpoon fanno parte della serie di armi inviate dagli alleati occidentali.

Un mese fa il ministro della Difesa di Kiev aveva confermato le prime spedizioni dalla Danimarca. Il missile utilizza un radar di puntamento e vola appena sopra il pelo dell’acqua per eludere le contromisure. Il Comando navale ucraino ha dichiarato che il rimorchiatore russo aveva a bordo un sistema missilistico antiaereo Tor. Nei quasi quattro mesi di scontri la flotta russa del Mar Nero ha usato la supremazia marittima per imporre un blocco navale ai porti ucraini, pesantemente minate. Le Nazioni Unite stanno cercando di mediare per avviare un corridoio navale destinato alle esportazioni di cereali e fertilizzanti. Ma dopo la visita a Kiev il presidente francese Macron ha spiegato di non vedere immediate possibilità di un accordo con la Russia per far uscire il grano.

La Russia nega di essere la causa del problema e accusa Kiev di non essere riuscita a far ripartire lo scalo marittimo. L’Ucraina intende utilizzare i collegamenti stradali, fluviali e ferroviari per aumentare le esportazioni mensili, ma niente è paragonabile ai volumi delle spedizioni via mare.

L’unico Paese a ribadire un certo ottimismo è la Turchia, che dopo avere annunciato l’istituzione di una “linea rossa” che mette in contatto diretto i ministeri della Difesa di Ankara, Mosca e Kiev, ha reso noto che il passaggio del grano è possibile anche senza che l’Ucraina sia costretta a sminare i porti. Secondo il ministro degli Esteri di Ankara, Mevlut Cavusoglu, le navi cargo potranno navigare attraverso percorsi prestabiliti che evitino la collisione con gli ordigni in mare. Una possibilità che a Odessa prendono poco sul serio, specie dopo che Mosca ha ripreso a colpire la regione. Nessuno si fida delle promesse di Mosca e lo Stato Maggiore ucraino non intende lasciare indifesi i porti.

Anche solo sedersi intorno a un tavolo per negoziare sembra una chimera. «Il dialogo si può fare solo quando c’è la speranza che l’altra parte ci può capire – osserva Roman Krat, parroco della cattedrale cattolica latina di Odessa –, ma al momento quello che stiamo vivendo è l’odio da parte dei russi che non ci stanno riconoscendo come nazione sovrana e indipendente».
Nel primo pomeriggio, dopo il temporale che con i suoi tuoni ha fatto trattenere il respiro a tanti, i giardinieri sono tornati a ricontrollare le rose. Da giorni preparano le aiuole nel giardino del Teatro dell’Opera, riaperto ieri con la medesima speranza di quanto gli orchestrali finalmente si esibivano al termine della Seconda guerra mondiale.

Intorno al principale e più conosciuto simbolo della cultura della città, il dispiegamento di forze è stato imponente. Nella mattinata erano stati fermati in tutta l’Ucraina 19 persone accusate d’essere sabotatori russi. Un numero imprecisato di essi è stato arrestato a Odessa. Nelle loro abitazioni sono state trovate armi di precisione e dispositivi informatici in grado di ricevere e trasmettere informazioni cifrate, tra cui le esatte coordinate di obiettivi da colpire. Un blitz per il quale ci si attende una brutale reazione di Mosca.

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