martedì 20 gennaio 2009
Per l'analista Margelletti, i bombardamenti e l’artiglieria israeliana hanno distrutto il potenziale bellico dei miliziani nella Striscia: «La loro forza politica però non ha subito danni. Anzi». Troppo debole la mediazione internazionale, «l’Unione europea per l’ennesima volta si è divisa, Sarkozy l’unico protagonista».
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«E ora con chi de­ve parlare I­sraele a Gaza?» Andrea Margelletti è il pre­sidente del Ce.S.I. (Centro studi internazionali) e profondo conoscitore delle dinamiche mediorientali. «Gli obiettivi politici erano confusi, incerti. E quando si lancia un’offensiva solo per scopi militari l’opera­zione risulta monca», dice ad Avvenire. Tre settimane dopo l’inizio di “ Piombo fuso”, è vera­mente finita questa fase? Sì, diciamo che l’offensiva è conclusa. Potranno esserci ancora delle puntate, degli episodi di violenza ma la fa­se maggiore del conflitto è esaurita. Israele ha raggiunto i suoi scopi? Sotto il profilo militare sì. Le installazioni e le infra­strutture di Hamas, la ca­pacità bellica del gruppo sono state seriamente dan­neggiate quando non di­strutte. Ma dal punto di vi­sta politico il movimento palestinese di Gaza ne è u­scito rafforzato. E questo è ciò che accade quando l’of­fensiva è di breve respiro e non ha un obiettivo politi­co chiaro. Ed ora? Adesso Hamas vincerà le e­lezioni. Il mondo arabo è apparso scettico, quando non a­spramente critico nei con­fronti di Hamas. Perché? In alcune capitali, penso Il Cairo, l’eliminazione di Ha­mas fa comodo. D’altronde il gruppo altro non è che u­na costola dei Fratelli mu­sulmani e l’Egitto ha tutto l’interesse di vedere dimi­nuita la forza di questa for­mazione. La Siria sta ten­tando un lento cammino di avvicinamento verso l’Oc­cidente. La Giordania è l’al­leato più vicino e impor­tante di al-Fatah. L’Arabia saudita anche è stata molto critica.... Colpa dell’Iran. Perché? Teheran è stato l’unico Pae­se della regione a schierar­si e a spendersi per Hamas. Non dimentichiamo che Hamas è una formazione sunnita e gli iraniani sono sciiti. Eppure la Repubbli­ca islamica, così come già avvenuto nel 2006 nel Sud del Libano, è probabile che parteciperà alla ricostru­zione delle infrastrutture. A quale fine? Rafforzare il sostegno poli­tico locale. Perché si è arrivati solo o­ra alla tregua? Perché Israele ha raggiunto gli obiettivi militari. Man­cando uno scopo politico evidente e ben delineato ecco che raggiunti quelli militari il ritiro può comin­ciare. D’altronde gli israe­liani mica potevano diven­tare forza occupante. E poi le pressioni internazionali, l’imbarazzo per l’alto nu­mero di vittime civili, han­no indotto a finire le ope­razioni. È forse la prima grave cri­si che capita nel bel mezzo di una transizione di pote­ri negli Stati Uniti. E infat­ti gli Usa hanno avuto un ruolo se non marginale, quantomeno non di primi attori. E l’Unione europea come si è comportata? Si è spaccata per l’ennesi­ma volta. Ancora una volta hanno prevalso i persona­lismi. Sarkozy è stato un protagonista. Purtroppo l’I­talia in quello che un tem­po era il “mare nostrum” ha fatto più da comparsa che da protagonista. E l’Unione europea? La presidenza ceca è ap­parsa orba. Fuor di giochi di parole, diciamo che l’ap­proccio di Praga alla crisi non è stato brillante. In Israele fra poche setti­mane si vota. Chi è uscito 'vincitore' da questa guer­ra di Gaza? Ehud Barak e Tzipi Livni si­curamente. Hanno mostra­to doti da statisti che inve­ce Olmert proprio non ha. D’altronde venne scelto per fare il numero due di Kadi­ma ed è stato proiettato al­la leadership solo per la fi­ne di Sharon.
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