lunedì 21 settembre 2015
​Siryza esce dal voto rafforzata, con il 35%. Verso il giuramento del nuovo esecutivo, con i nazionalisti. (G. Ferrari)
Il salato prezzo della vittoria di Giorgio Ferrari
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​Trentacinque per cento dei consensi, 145 deputati, 7 punti di scarto dal diretto rivale Nea Demokratia, ferma al 28,6%. Alexis Tsipras, che ha già giurato nelle mani del presidente Pavlopoulos, mentre l'esecutivo lo farà domani, rivince le elezioni e con i nazionalisti di Panos Kammenos (i Greci indipendenti di Anel, che superano la barriera del 3% e guadagnano 10 seggi) può contare ora su una solida maggioranza. Fortissima l’astensione, il primo vero partito, figlio della disillusione e della stanchezza dopo un anno e mezzo di ribaltoni, chiamate alle urne, referendum e scarsi risultati economici: quasi metà degli elettori ha preferito rimanere a casa, e si sa che l’astensionismo punisce di regola il ceto moderato, così come si conferma aleatoria l’arte dei sondaggi preelettorali, che erano arrivati ad assegnare perfino una vittoria in extremis al leader di Nea Demokratia Evangelos Meimarakis. S’impenna invece Alba Dorata, la formazione xenofoba e tanto simile in certi aspetti al revanscismo nazionalsocialista, che si colloca come il terzo partito greco. Spariscono i dissidenti, bruciati dall’inconcludenza della loro rivolta: mentre entra in Parlamento l’Unione dei centristi guidata da Vasilis Levendis, con 9 seggi e il 3,36% dei voti, resta fuori dall’emiciclo Unità Popolare, la formazione dei fuoriusciti di Syriza guidata dall’ex ministro dell’Energia Panagiotis Lafazanis, che si ferma al 2,86% dei voti non superando dunque la soglia di sbarramento del 3%. Svanisce così anche il proposito dell’ex ministro delle Finanze Yanis Varoufakis di diventare alfiere di una nuova importante formazione della sinistra: frantumata e divisa – come sempre irrevocabilmente nelle sua lunga ma ripetitiva storia – l’area antagonista che va dal Kke (comunisti ortodossi) all’arcipelago anarchico, fino agli intellettuali paratrotzkisti che hanno abbandonato la coalizione di Syriza annega nell’irrilevanza politica. Ma alla fine, chi ha votato per Tsipras? Guardando all’interno dell’elettorato abbiamo la sensazione che Syriza abbia perduto il consenso dei giovani ma abbia guadagnato quello del ceto medio, strappandolo al centro-destra. La manovra di avvicinamento di Tsipras all’area moderata era già cominciata in occasione della diaspora con i duri e i puri del partito ed ora prosegue con questo travaso di consensi che gli ha assicurato la vittoria piena. Lui stesso – passato nel breve volgere di qualche mese da tribuno della plebe a uomo di governo - ne è consapevole: «E' una grande vittoria del nostro popolo, che ci ha dato un mandato di quattro anni», ha annunciato Tsipras a tarda sera di fronte a una folla di sostenitori. «Continueremo la lotta cominciata sette mesi fa: il popolo greco è sinonimo di lotta e dignità». Se il mandato per formare il nuovo governo sarà una pura formalità, non altrettanto lo sarà la road map che aspetta Tsipras per assicurare al Paese gli 86 miliardi di crediti promessi dal terzo memorandum: il giovane leader dovrà riscrivere la legge sugli agricoltori, mettere mano al sistema pensionistico, ritoccare le pericolanti colonne su cui si è retto per decenni un welfare occulto fatto di piccoli e invisibili privilegi, non di rado condito da un lassismo fiscale quasi unico nel mondo civilizzato e un abbondante dose di corruzione diffusa a tutti i livelli. I problemi veri, ora che Alexis Tsipras ha smesso di essere il guascone avventurista e un po’ dilettante della prima ora, cominciano adesso per il giovane leader.
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