sabato 5 maggio 2012
Il "partito della dracma" sfida la coalizione obbligata Pasok-Nea Demokratia. Le politiche di domani sono un referendum per stabilire se si deve obbedire oppure no alle ricette della Ue. Si parla di un 30% di astensionismo.
Il commento di padre Andreas Voutsinos, direttore di Caritas Atene (Radio inBlu)
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​Non ci si crede. Non ci si crede che alla vigilia delle elezioni politiche, che sono più che altro un referendum per stabilire se la Grecia obbedirà oppure no alle dure ricette economiche dell’Europa, ci sia, appena fuori dall’aeroporto internazionale di Atene, un tale che cambia euro in dracme. Domani il Paese va alle urne. I sondaggi danno per scontata una riedizione della coalizione fra gli storici rivali, il Pasok e Nea Demokratia, ora costretti a una forzata coabitazione. E a tante cose noi dobbiamo credere. Dobbiamo credere, ad esempio, che le formazioni di estrema destra ed estrema sinistra finiranno per condizionare il nuovo governo. E dobbiamo credere a questo ometto dalla pelle bruciata dal sole che urla: «Dracme! Oggi a buon prezzo, domani non si sa». Accetta euro e dollari e sventaglia sotto il mio naso mazzette di banconote colorate da 100 dracme con Atena armata sul dorso e Piazza Syntagma stilizzata sullo sfondo. «Vuole dracme? Vedrà che le saranno utili tra non molto. E costeranno di più».Sarà il monito del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, che con scarso senso del buon gusto ancora ieri minacciava l’espulsione della Grecia dall’area dell’euro; sarà quell’aria surriscaldata che soffia dall’Egeo e che ammorba la capitale di una sonnolenta disperazione, ma di fatto in molti oramai si preparano al possibile divorzio fra la Grecia e l’Europa, fra la moneta unica dei signori di Bruxelles e la vecchia rassicurante dracma, l’unità di misura e poi moneta che anche Epaminonda, Alcibiade e Aristotele adoperavano e che – come dicono in un insospettabile unisono i comunisti dell’estrema sinistra e i radicali di estrema destra – forse è l’unica via d’uscita dal disastro ellenico.Un disastro che le elezioni di domani non danno l’impressione di riuscire ad evitare. Lo stesso leader del Pasok Venizelos riconosce che il «partito della dracma» potrebbe mettere seriamente i bastoni fra le ruote alla difficile coalizione imperniata sulla forzata alleanza fra i socialisti e la destra di Nea Demokratia. Tanto che il leader della destra fa sapere – ma è sicuramente pre-tattica – che non accetterà di entrare in un governo in cui si sono i socialisti. Del resto non è certo per puro slancio ideologico che alcuni spingono per tornare alla vecchia moneta. «Il calcolo è facilissimo – spiega Aristides Konyakoulos, analista delle grandi banche elleniche –: prima i ricchi e chi poteva permetterselo hanno portato all’estero i loro euro. Se si torna alla dracma, questa moneta nuova ma insieme vecchia varrà pochissimo. Quindi i ricchi, i corrotti, ma anche le imprese, non solo greche, potranno ricomprare tutto a prezzi di saldo. La gente questo non sempre lo capisce. Il ritorno alla dracma rischia di essere per molti una sorta di ritorsione nei confronti della Germania e dell’Europa che ha messo in ginocchio il Paese. Meglio poveri che schiavi, insomma…».Fra orgoglio e sfiducia dilaga anche l’astensionismo. Si parla di almeno il 30% di cittadini che non si recheranno alle urne, o che voteranno scheda bianca. Come dargli torto, in fondo, dal momento che i due principali partiti sono corresponsabili in tutto e per tutto del disastro economico e se, come sembra probabile, guideranno una coalizione allargata saranno costretti a ricorrere a nuove pesanti misure?«Fuori dall’Europa che ci strangola e ci riempie di immigrati», raglia un altoparlante sul tetto di un’automobile dai vetri blindati. Sono i militanti della Golden Dawn, l’Alba Dorata, formazione neanche troppo velatamente razzista che si richiama a una consorteria esoterica in voga alla fine dell’Ottocento e ha come simbolo un “meandro”, ovvero quel motivo decorativo che assomiglia terribilmente alla svastica.Un gruppo di pazzoidi esaltati? Forse, ma gli ultimi sondaggi davano loro il 5% dei voti, un bel salto rispetto allo 0,23% di tre anni fa. E anche questo è un segnale eloquente della confusione e della rancorosa incertezza che la Grecia che domani andrà alle urne sta vivendo.
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