giovedì 6 novembre 2008
Stephen Hess della Brookings Institution: «L'attuale clima di incertezza ha accentuato l'attesa di un mutamento. Il Paese resta però conservatore».
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L'aggettivo «storico» lo usano tutti. «Ma come altro dovremmo definire quello che è accaduto questa notte?» Stephen Hess ha lavorato alla Casa Bianca con 4 presidenti. Ha cominciato con Eisenhower nel 1959. E conosce come pochi le dinamiche che s'innestano fra i corridoi di Washington. Ora è senior fellow alla Brookings Institution, il think tank liberal di Washington dal quale provengono non pochi "cervelli" del team di Obama. Signor Hess, l'America ha voltato pagina? La vittoria di Obama è incredibile, segna un cambiamento epocale. Siamo un Paese che ha conosciuto appena un secolo e mezzo fa la schiavitù. Nemmeno cinquant'anni fa avevano la segregazione nel Sud. Il fatto che il prossimo leader sia un afroamericano è già di per sé una cosa storica. Ma il cambiamento non si ferma qui. La grande freschezza di Obama, la sua intuizione, è stata quella di creare una piattaforma politica e di aver dato voce a un messaggio per tutta l'America che andava ben oltre i confini razziali. Detto questo, è chiaro che quest'anno aveva tutte le caratteristiche per sorridere ai democratici. Intende dire che ai democratici non poteva sfuggire l'occasione di riconquistare la Casa Bianca, Obama o meno? Tutto andava in quella direzione. Quelle del 2008 sono elezioni chiave destinate a marcare la storia Usa perché cadono in un momento delicato. Certo anche il 1992 e il 2004 hanno segnato indelebilmente un'epoca. Quelle del 1992 furono le prime del post Guerra Fredda e le vinse un figlio del baby boom. Nel 2004 la straordinarietà erano la sicurezza, il terrorismo e la guerra in Iraq. Quest'anno l'economia è stata la chiave di tutto. Non dimentichiamo che l'America resta l'unica superpotenza e il volano della crescita del pianeta. Il fatto che si viva oggi in un clima di incertezza ha dato a questo voto un carattere ancora maggiore di urgenza e di svolta. Al di là della questione razziale e della particolarità del momento economico, c'è qualcos'altro che rende "diversa" questa elezione? Oh sì. Il testimone passa a una nuova generazione. Obama ha 47 anni e la sua vittoria chiude l'epoca dei presidenti del baby boom, Clinton e Bush junior. Questi a loro volta avevano ereditato il timone dalla generazione dei «guerrieri della Guerra fredda». Ora tocca ai nuovi arrivati, ai "giovani" mettersi in gioco e portare in una direzione precisa il Paese. Che Obama sia figlio di un'altra generazione lo provano anche le modalità con cui ha condotto la campagna elettorale. Ha creato una base di sostenitori amplissima. Ha raccolto da loro milioni e milioni di dollari. Non ho mai visto una cosa simile. E questo, chiaramente, aumenta le speranze e le aspettative nella riuscita della sua Amministrazione. Che sta prendendo forma. Si parla già di Emanuel Rahm, clintoniano di ferro e deputato dell'Illinois come capo dello staff. Come dovrà procedere ora il presidente eletto? Non ho informazioni su Rahm o altri nomi. Quello che posso dire è che generalmente i presidenti tendono a circondarsi di persone della propria generazione con i quali il feeling è più diretto. John Kennedy scelse gente della sua età nei posti chiave o come consiglieri. L'età media del suo gabinetto era 48 anni. Eisenhower invece era circondato da 60enni. Obama nominerà presto i membri del suo staff. C'è la crisi economica che bussa alla porta e vuole dimostrare subito di essere un leader. Abbiamo assistito a uno tsunami democratico. La mappa elettorale Usa è cambiata in appena quattro anni. Cambierà l'America Barack Obama? Piano piano".Gli elettori gli hanno dato un mandato di 4 anni. Potrà estendersi a otto. Potrà provare a spingere il Paese in una nuova direzione. Ma non si cambia così lo stile, la cultura e il modo di pensare di un popolo. Resta quindi un Paese "conservatore" l'America? Sì per gli standard europei. A proposito di Europa. Molti nel Vecchio Continente si aspettano inversioni a U in politica estera". Illusioni. Gli europei devono stare cauti. Ci sarà un cambiamento nello stile, nei toni, ma non nella sostanza. O almeno non subito. Prevedo già alcune frizioni sull'Afghanistan. Obama ha sempre detto di voler concentrare lì gli sforzi della lotta al terrorismo. E non mi sembra che gli europei siano così entusiasti dell'idea.
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