La pace sgomita per spuntare dal «disordine mondiale»
sabato 14 maggio 2022

Sono passati quindici anni dal giorno in cui Vladimir Putin proclamava solennemente: «Il mondo unipolare è morto, ora viviamo in un mondo multipolare e gli Stati Uniti non sono più i gendarmi del mondo». Pochi giorni fa il ministro degli Esteri russo Sergeij Lavrov ha aggiunto: «Prima l’Occidente farà i conti con le nuove realtà geopolitiche, meglio sarà per l’Occidente stesso e per l’intera comunità internazionale». Dietro le parole di Putin e Lavrov si staglia un panorama planetario nel quale attualmente sono in corso oltre centocinquanta conflitti, alcuni dei quali (come in Siria, nel Nagorno-Karabakh e nello Yemen) con il concorso diretto di potenze regionali supportate da potenze mondiali, altri con focolai mai spenti di violenza e di crisi (pensiamo solo a Israele e i palestinesi e al Corno d’Africa), altri ancora (come in Congo, nel Mali, in tutte le zone povere del mondo in cui si celano ricchi giacimenti di materiali rari) teatro di avide dispute per accaparrarsi ricchezze nascoste a beneficio delle grandi potenze. Una delle quali, la Cina, è l’unica al momento che gioca controcorrente, privilegiando un soft-power teso a sfruttare economicamente le occasioni migliori senza mai davvero giungere al confronto armato.
L’invasione russa dell’Ucraina non ha fatto che accrescere il disordine nel quale si muove la maggior parte degli attori internazionali. Un disordine che è specchio perfetto dei sistemi caotici: come nel proverbiale battito d’ali di farfalla, l’aggiungersi di un elemento imprevisto (la Turchia che si oppone – se pure per un pomeriggio – all’ingresso della Svezia e della Finlandia nella Nato) o imprevedibile (l’opposizione dell’Ungheria alle sanzioni europee sul petrolio) o addirittura distopico (se Mosca irretisse l’Unione Europea con offerte irricevibili per Washington ma seducenti per noi) fa puntualmente saltare ogni schema.
Questo disordine mondiale, che mai come oggi si svela e si declina per la sua stemmata irresolubilità, non appartiene già più al presente. È un residuato del passato, un vecchio rottame che ci ostiniamo a rimettere in uso in mancanza di idee migliori e soprattutto in mancanza di quel coraggio e di quel genio politico e ideale che il presente e soprattutto il futuro richiedono. Ma di quei geni lungimiranti oggi il mondo il larga misura difetta. L’Europa che tanto deprechiamo per certe sue irresolutezze e per le profonde divisioni che la percorrono è pur sempre la creatura ancor viva di figure come Schuman, De Gasperi, Adenauer, Spaak, Spinelli, e poi ancora di visioni come quella di Helmut Kohl, di Mitterrand, di un multilateralismo ante litteram che l’Italia già sperimentava fra l’ostilità e la diffidenza di molti dei suoi alleati già nei primi anni Settanta. Qualcuno, come Emmanuel Macron e primo fra tutti Mario Draghi, ne ha piena coscienza pur restando nel quadro di una solidissima alleanza con Washington. Qualcun altro, come Boris Johnson, ostenta ultradatate nostalgie del tardo imperialismo di George W.Bush e della Dottrina Rumsfeld che affidava all’America il compito mondiale di regime changer.
Abbiamo scritto: multilateralismo. Parola magica che ne contiene e ne riassume molte altre, ma che in primo luogo si oppone a tutti gli unilateralismi del passato e financo anche ai bipolarismi su cui dal 1945 a ieri si è retta la lunga tregua fra le superpotenze. Il multilateralismo peraltro non è una regola da adottare per apparire migliori: esso è già in essere, e in questo Mosca e Pechino – al di là della farisaica faziosità con cui lo sottolineano – hanno ragione. Il mondo di ieri è finito da tempo, ma si ostina a combattere guerre del passato, con i carri armati, con il boicottaggio energetico o con la penuria alimentare deliberatamente provocata, non sapendo o non volendo inventare gli strumenti del futuro. Che pure si sarebbero. A quale scopo? La pace, su tutto. Non la pace dei pacifisti da salotto, ma quella costruita con tutto l’arsenale diplomatico, economico, politico di cui le democrazie dispongono, a partire da una nuova Conferenza di Helsinki. Una pace che sgomita perché le si trovi il pertugio per uscire dal vecchio disordine mondiale e svolazzare in cieli nuovi. Come la colomba di Noè.

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