martedì 19 aprile 2022
L’azione russa va decifrata nei suoi obiettivi ultimi. E la resistenza di Kiev dovrà superare un test più difficile. Due settimane per capire lo sbocco della crisi e gli equilibri che si creeranno
Giorno 55: l’offensiva nel Donbass apre nuovi scenari e chiude le trattative
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Era tanto annunciata, l’offensiva russa nel Donbass, che il Cremlino non avrebbe potuto non avviarla prima o poi. Nel 55° giorno di guerra si deve però comprendere che tipo di tattica vi sia dietro il massiccio bombardamento che riguarda per ora alcune città e alcuni concentramenti di truppe ucraine su un fronte che è stimato in 480 chilometri. Si tratta, com’è evidente, di un’enorme estensione rispetto alle forze in campo. Diventano quindi decisive le scelte dei generali sul terreno e la capacità di colpire a distanza.

Mosca ha certamente un arsenale più ampio e una netta superiorità nei cieli, che permette di colpire con intensità la prima linea di Kiev e le sue infrastrutture logistiche. Nei combattimenti ravvicinati, le truppe ucraine si sono dimostrare particolarmente efficienti, capaci di sfruttare la perfetta conoscenza del territorio e, in molti casi, i migliori armamenti forniti da Stati Uniti e Nato. Difficile in questa fase individuare le mosse dei due schieramenti, anche perché non è noto l’obiettivo prioritario dell’Armata russa.

Essa vuole, ovviamente, prendere il controllo completo di Mariupol, e nella città martire si sta assistendo a uno scontro impari e brutale, nel quale pagano il prezzo più alto i civili rimasti da settimane intrappolati. Una volta conquistato il centro portuale, importante nodo strategico, Putin vorrà consolidare il corridoio che dal Donbass porta alla Crimea e scacciare l’esercito ucraino dall’Est del Paese. Dipenderà dalla volontà di resistenza delle forze di Kiev se e quando questo obiettivo sarà realizzabile.

È troppo presto per affermare se questa cosiddetta seconda fase del conflitto finirà con il premiare la migliorata organizzazione bellica russa (seppure appesantita dalle perdite precedenti) o se le nuove forniture di mezzi dall’Occidente daranno all’Ucraina incrementate capacità di difesa. Sarà purtroppo il misurarsi sul campo, foriero di tanti lutti e distruzioni, a dire quale ipotesi è più vicina alla realtà.

Lo scenario sarà ulteriormente complicato dalla presenza di milizie filorusse e dalla possibilità che una percentuale degli abitanti del Donbass (certamente minoritaria) prenda le parti dell’invasore, visto invece come un liberatore. Sono quindi molte le variabili che possono contribuire a inclinare la crisi in una precisa direzione. Le scelte di Zelensky e dei vertici ucraini saranno ugualmente fondamentali. Quanto saranno disposti a sacrificare truppe per prolungare la resistenza, nel momento in cui fosse chiaro che Mosca sta prendendo il sopravvento?

In questo quadro ancora confuso, sarebbe pertanto opportuno provare a ipotizzare vie di uscita negoziali e disegnare potenziali quadri post-bellici. Mosca è davvero sull’orlo di un default come alcuni analisti sostengono? Questa circostanza influenzerà la campagna militare? E ulteriori sanzioni possono accelerare le difficoltà complessive russe tanto da riportare il Cremlino al tavolo delle trattative? Sono domande difficili cui però l’Europa e la diplomazia internazionale dovrebbero provare a dare risposta, mentre anche dalla Russia sembrano arrivare segni di nervosismo che non depongono a favore dalla sua forza.

C’è anche da considerare che se la spallata russa non avrà successo in breve tempo, la guerra potrebbe avvitarsi in mosse pericolose, come quella di cronicizzarla, soprattutto con lo scopo da parte dell’amministrazione Biden di logorare Putin, o di giocare la carta di armi non convenzionali, come potrebbe essere tentato di fare il Cremlino. Il ministro degli Esteri Lavrov ha affermato che Mosca non ricorrerà a ordigni nucleari. Non si può tuttavia dimenticare che lo stesso Lavrov ha più volte smentito l’invasione dell’Ucraina prima del 24 febbraio e lo stesso aveva fatto prima del blitz in Crimea nel 2014.

La scommessa occidentale ancora oggi sembra orientata a sostenere Kiev in ogni modo e mettere Mosca nell’angolo. Una scommessa perché non è dato sapere quale piega prenderà la guerra nelle prossime due settimane (una data chiave rimane per Putin il 9 maggio). Nel caso vi fosse un tracollo ucraino nel Donbass, sarebbe difficile mettersi al tavolo senza fare ampie concessioni al Cremlino. Nei prossimi giorni bisognerà depurare i bollettini di guerra dalla propaganda per decifrare l’andamento di un conflitto sempre più tragico e apparentemente senza sbocco.

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