giovedì 24 marzo 2016
​È una malattia curabile ma con quasi 10 milioni di nuovi casi ed 1,5 milioni di decessi nel solo 2014 la tubercolosi occupa a livello globale il primo posto fra le cause di morte
Tbc, 1,5 milioni di morti ma si può curare
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È una malattia curabile, eppure con quasi 10 milioni di nuovi casi ed 1,5 milioni di decessi nel solo 2014 la tubercolosi occupa a livello globale il primo posto fra le cause di morte. I dati sono contenuti nell’ultimo report dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che oggi, nella Giornata mondiale contro la tubercolosi, ha lanciato un appello affinché si possa “porre fine” alla malattia.

Secondo Mario Raviglione, direttore del programma globale sulla tbc dell’Oms, serve una maggiore collaborazione di governi, partner della società civile, comunità, ricercatori, settore privato e agenzie di sviluppo e maggiori finanziamenti per la messa in atto dei programmi e per la ricerca.

Globalmente 8 miliardi di dollari all'anno sono necessari per fornire una risposta alla tbc nei Paesi a medio e basso reddito. All'appello per il 2015 mancavano circa 1,4 miliardi, mentre per quanto concerne la ricerca il gap è di 1,3 miliardi di dollari. L'obiettivo dell'Oms è di ridurre la mortalità della tubercolosi del 90% ed il numero di nuovi casi dell'80% tra il 2015 ed il 2030. Medici senza frontiere fa notare che solo il 2% dei 150mila pazienti nel mondo con la forma resistente ai farmaci della tbc ha accesso alle terapie per questa patologia.

I due farmaci, bedaquiline e delamanid, approvati due anni fa, rappresentano le prime nuove terapie contro la tbc in 50 anni. "Per aumentare l'accesso - scrive Msf - le case produttrici Janssen e Otsuka dovrebbero dare priorità alla registrazione nei Paesi con molte persone colpite dalla malattia, e offrire prezzi accessibili a tutti i Paesi in via di sviluppo". Le nuove terapie, spiega Msf, possono costare fino a 3mila dollari a paziente, una cifra spesso troppo alta soprattutto per quei Paesi che hanno un numero elevato di pazienti. Anche Medici con l’Africa Cuamm, in prima linea in Africa per porre fine alla tubercolosi entro il 2030, ha aderito all’appello dell’Oms.

“Nel 2015 nei 18 ospedali in cui il Cuamm è presente in Africa, sono state sottoposte allo screening per tubercolosi 10mila persone: sono risultati positivi 2.500 pazienti, di cui 1.000 risultati contagiosi per le comunità in cui vivono», riferisce don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm, che prosegue: “Il nostro contributo è una goccia nel mare del bisogno, ma lì dove siamo, all’ultimo miglio, riconoscere e curare adeguatamente un malato di tubercolosi può fare la differenza”. Proprio con il sostegno dell’Oms, Medici con l’Africa Cuamm ha dato il via in Etiopia al progetto di implementazione e misurazione del trattamento preventivo per i bambini al di sotto dei 5 anni e per i malati di Hiv rintracciati tra i familiari e vicini dei malati di tbc. Il progetto, ricostruendo la catena di contatti che un malato ha avuto, mira a rispondere tempestivamente alla malattia, contrastandola e prevenendola soprattutto nei bambini e nei sieropositivi,le fasce più a rischio della popolazione.

In Italia, come in quasi tutti gli altri paesi dell'Europa occidentale, i casi di tbc si concentrano soprattutto nelle grandi città. Secondo l’Associazione microbiologi clinici italiani (Amcli) occorre accrescere la rete di controllo e vigilanza, focalizzandosi sia sugli anziani italiani, che possono andare incontro a riattivazione di infezioni contratte in gioventù, sia sugli stranieri arrivati in Italia negli ultimi anni e le loro successive generazioni. L’associazione sottolinea che il principale ostacolo all'eliminazione della tbc è costituito dalla circolazione dei ceppi multi farmaco resistenti.

"Quasi tutte le regioni italiane hanno un centro di riferimento per la diagnosi della malattia e da anni una collaudata rete di laboratori Amcli collabora alla notifica dei nuovi casi e fornisce all'Istituto Superiore di Sanità dati attendibili su incidenza e farmaco-resistenza . Si tratta di una risorsa professionale fondamentale di cui tutte le componenti della rete sanitaria nazionale debbono poter avere accesso", conclude Pierangelo Clerici, presidente Amcli.

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