sabato 19 marzo 2011
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Sono in nuovi eroi del Giappone: centoventi persone, tutte volontarie, che rischiano la vita per evitare il peggior disastro nucleare dopo quello di Chernobyl. Tecnici, impiegati, ingegneri e operai della Tepco, la società elettrica che gestisce la centrale di Fukushima, lavorano incessantemente al fine di permettere alle turbine di pompare acqua nei reattori contenenti le barre di combustibile. È solo grazie alla loro abnegazione, che si sta evitando il surriscaldamento del sistema e la fusione del nocciolo, con il conseguente rilascio del combustibile nucleare nell’ambiente. Per permettere a queste persone di entrare all’interno dell’area considerata off-limits per l’elevata concentrazione di radionuclidi, il ministero della Salute giapponese ha innalzato il limite legale di esposizione radioattiva a 250 milliSievert annui, cinque volte il livello standard. Pompando acqua marina attraverso le tubazioni antincendio, si spera che la fusione dell’uranio 235, già parzialmente avvenuta, possa essere interrotta.Secondo il fisico della salute Peter Caracappa, del Rensselaer Radiation Measurement & Dosimetry Group, ci sono sole tre modi per ridurre i rischi connessi alle radiazioni: «diminuire il tempo di esposizione, aumentare la distanza dalla sorgente di emissione e la protezione. Per i lavoratori di Fukushima, è solo il tempo che può essere controllato». I 120 lavoratori si alternano, quindi, in turni relativamente brevi. «Per evitare di respirare direttamente il cesio 137 e lo iodio 131, sono dotati di autorespiratori che isolano l’apparato respiratore dall’ambiente esterno», ha confermato il portavoce della Tepco. Il rischio per questi lavoratori di contrarre malattie cancerogene, ha indotto la compagnia elettrica giapponese a preferire dipendenti prossimi alla pensione, visto che la gestazione delle cellule cancerogene – prima che queste inizino eventualmente a propagarsi – può durare anche diversi anni. «Ogni sievert assorbito può aumentare la probabilità del cancro del 4 per cento», afferma Caracappa. La radioattività attorno ai reattori è talmente elevata che dei 40-50 lanci di acqua previsti con l’uso di elicotteri ne sono stati effettuati solo quattro. Il forte vento ha però deviato il getto, facendo cadere la maggior parte dell’acqua di raffreddamento fuori bersaglio. L’utilizzo dell’acqua marina è l’ultima risorsa che la Tepco ha per impedire la fusione, ma porterà anche alla definitiva fermata dell’impianto di Fukushima, visto che l’alta quantità di impurità e di minerali contenuti nel liquido incrosterebbe le barre di combustibile, rendendo il loro utilizzo antieconomico. La missione degli “eroi di Fukushima”, già definita da molti suicida, ricorda le gesta dei samurai giapponesi, che non esitavano a togliersi la vita pur di difendere l’onore del proprio daimyo. Lo spirito di appartenenza alla nazione giapponese, che nei decenni passati aveva condotto il Paese a colonizzare gran parte dell’Asia Orientale, oggi si traduce in un sacrificio collettivo dove non è più l’onore l’aspetto da salvare, ma la vita stessa di migliaia di connazionali.
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